Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film
I limiti di questa pellicola sono evidenti, ma altrettanto chiara è l'intenzione di satira sociale che pervade i cento minuti de Gli eroi del doppio gioco. Tutto torna poichè la sceneggiatura è opera di Fulvio Palmieri (giornalista e radiocronista Eiar) e Gino De Santis (capace di scrivere opere di una certa complessità come La visita, diretto successivamente da Pietrangeli), mentre Mastrocinque d'altronde, pur sapendo il fatto suo, non è certo mai stato un regista particolarmente politicizzato, rimanendo anzi legato a doppio filo alla commedia italiana più leggera (molti sono i film che diresse con protagonista Totò). L'ibrido che ne risulta è una specie di commedia alla Dino Risi (caustica, severa), ma purtroppo sconclusionata poichè spesso e volentieri buttata in farsetta: se le idee di partenza sono buone, comunque interviene lo spirito da gag (scenetta, battuta facile, personaggi monodimensionali, situazioni da risatina) a ridimensionare le aspettative di questo film. Peccato perchè poteva essere l'occasione di rivalsa per un cast quasi interamente composto di 'spalle': Mario Carotenuto, Gianrico Tedeschi, Aroldo Tieri, Carlo Croccolo e Gino Bramieri sono i principali nomi, e fra loro è difficile stabilire chi sia il più bravo. Eppure raramente ebbero ruoli 'di responsabilità' nel cinema italiano. L'allegria da sketch da avanspettacolo che permea la storia è ben sottolineata dalle leggere, ma piacevoli musiche di Gianni Ferrio; il finale accomodante e scioccherello dà perfettamente la misura di quanto un lavoro come Gli eroi del doppio gioco sia distante dalla gloriosa commedia all'italiana. 5/10.
La seconda guerra mondiale finisce, una famiglia fascistissima (padre podestà di un paesino, tre figli maschi devoti al Duce) si trova costretta a fingersi 'ricreduta'. Ma così non è, tranne che per Benito, uno dei tre figli, innamorato ricambiato della figlia di un partigiano profondamente inviso al padre podestà.
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