Regia di Jean-Jacques Annaud vedi scheda film
Un film che, al di là di una certa "licenza poetica" rispetto all'omonimo romanzo di Umberto Eco, riesce comunque ad essere accattivante e coinvolgente grazie anche alla fotografia di Delli Colli ed alle suggestive scenografie di Dante Ferretti
Adattare al cinema un romanzo a suo modo complesso come "Il nome della rosa" di Umberto Eco non era certo impresa facile, avendo anche l'esigenza di sviluppare un prodotto adatto al grande pubblico e non certo un film di nicchia. Calcando la mano più sull'aspetto giallo della vicenda (quella di un convento del '300 dove avvengono strani delitti) ed un pò meno sulla fascinazione del sapere tramandato dagli amanuensi, il regista riesce comunque a trovare un suo equilibrio che rende la vicenda accattivante senza disdegnare il richiamo agli elementi essenziali delle dispute religiose dell'epoca, tra francescani in odore di scomunica, dolciniani da bruciare sul rogo ed una Santa Inquisizione non certo impeccabile nel suo modus operandi. Un grande aiuto arriva dalla consueta professionalità di Sean Connery, ma anche dall'azzeccata scelta di una fotografia crepuscolare cpn Tonino delli Colli e dall'avvincente scenografia affidata al maestro Dante Ferretti.
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