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Il nome della rosa

Regia di Jean-Jacques Annaud vedi scheda film

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La recensione su Il nome della rosa

di YellowBastard
7 stelle

Primo e più famoso romanzo scritto dal noto saggista Umberto Eco, nato ad Alessandria nel 1932, e, con oltre cinque milioni di copie vendute, il libro più “comprato” al mondo (e il meno letto, secondo una boutade dell’epoca), Il Nome della Rosa è stato un enorme successo letterario sia di critica che di pubblico e non poteva certo lasciare indifferente la stessa industria cinematografica sempre alla ricerca di nuove storie da portare sullo schermo.

 

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Nel 1981 Franco Cristaldi compra infatti i diritti dell’opera per un adattamento cinematografico con un fortissimo investimento allo scopo di esaltarne sia le qualità letterarie che spettacolari del romanzo e non ponendo alcun limite di tempo all’uscita del film.

I lavori terminarono infatti solo nel 1986 dopo ben cinque anni di lavoro e riprese divise tra la Germania, nell’abbazia di Eberbach dove è stata ricostruito il monastero benedettino protagonista del racconto, e l’Italia, tra l’Abruzzo e il Lazio, affidandone la regia a Jean-Jacques Annaud, reduce dal successo internazionale de La guerra del fuoco.

 

Scritto insieme a Jean Godard, Andrew Birkin e Howard Franklin, il regista francese punta soprattutto sull’aspetto thriller & mistery del racconto, senza far venir meno una metodica messa in scena del periodo medioevale e cercando al contempo di mantenere intatto lo spirito e gli aspetti più peculiari del best-seller di Eco ma adottandole alle esigenze di una riduzione filmica destinata a un pubblico di massa.

Parecchio materiale verrà quindi sacrificato sull’altare dell’audience ma la squadra di sceneggiatori riesce comunque a non banalizzare eccessivamente molti dei temi trattati, dai dissidi all’interno della Chiesa, tra una visione oscurantista e un desiderio di maggiore apertura nei confronti del mondo figlia di un’eccessiva severità di molti religiosi nella lettura dei vangeli e che nascondeva una concezione troppo pessimistica dell’uomo in contrasto a una situazione umana invece molto più complessa e, spesso, rivelata proprio attraverso l’umorismo, fino alla rievocazione di un medioevo inesorabilmente sinistro appoggiandosi in questo alla cupa fotografia di Tonino Delle Colli, a una ricostruzione livida e sporca del mondo medioevale per opera di Dante Ferretti e ai costumi di Gabriella Pascucci, tutte tra l’altro maestranze nostrane.

 

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Il film è essenzialmente un thriller con aspetti satirici (e grotteschi) che si sviluppa lungo un arco di tempo di sette giorni, sfruttando la caratterizzazione dei due protagonisti, presente anche nel romanzo, come emuli di Sherlock Holmes & John Watson, personaggi degli scritti da Arthur Conan Doyle e personale omaggio di Eco allo scrittore inglese, e attraversato da audaci parodie e squarci satirici e da conversazioni permeate da nozione empiriche e miti distanti dalla cultura moderna spesso trascritte direttamente dal romanzo.

 

Il film può contare su un cast internazionale a partire dai suoi principali protagonisti, un iconico e magnifico Sean Connery e un giovanissimo Christian Slater, e proseguendo poi con F. Murray Abraham, Ron Perlman, Michael Lonsdale, Helmut Qualtinger, Volker Prechtel, Feodor Chaliapin e Michael Habeck.

 

Sebbene gli incassi americani furono di appena 7 milioni di dollari, rispetto a un budget di 17 milioni, il film si rivelò un successo in Europa, dove incassò ben 77 milioni di dollari, e nel resto del mondo dove riuscì ad affermarsi come un cult apprezzato ancora ai giorni nostri.

Il film trionfò ai David di Donatello nel 1987 e Jean-Jacques Annaud fu insignito del premio speciale David René Clair.

 

Il nome della rosa con Sean Connery, recensione | www.mulhollandlynch.com

 

VOTO: 7,5

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