Regia di Louis Malle vedi scheda film
Con un’attrice rilevante come Jeanne Moreau, Malle decide di dare maggiore importanza al suo personaggio rispetto al romanzo originario: la sua Florence assurge all'importante figura di vettore del racconto e di fil rouge tra il delitto commesso all’inizio e il tragico epilogo portandoci a spasso per le strade della bellissima Parigi.
Quando una luminosa carriera di regista inizia con un’opera di tale portata vuol dire che la nascita del cineasta è stata segnata da un dono inestimabile e Louis Malle ne è un esempio lampante. Parallelamente a François Truffaut, Malle è nel cinema perché prima di tutto lo ama e lo dimostra in ogni sequenza dei suoi film e forse soprattutto in questo ineguagliabile noir, che se fosse stato girato a colori avrebbe perso gran parte del suo fascino.
A soli venticinque anni (!) e dopo una collaborazione registica in ambito totalmente diverso (addirittura con Jacques Cousteau negli abissi marini con ‘Il mondo del silenzio’) esordisce nel lungometraggio di finzione con un'opera fondamentale per il cinema transalpino. Prima di tutto per il suo stile che pare anticipare addirittura l’arrivo prorompente della Nouvelle Vague, poi grazie al rigore formale e alla evidente conoscenza del genere di questo esordio.
Con un’attrice rilevante come Jeanne Moreau, Malle decide di dare maggiore importanza al suo personaggio rispetto al romanzo originario: la sua Florence assurge alla importante figura di vettore del racconto e di fil rouge tra il delitto commesso all’inizio e il tragico epilogo, portando a spasso per le strade della bellissima Parigi notturna e piovosa noi spettatori, la sua angoscia – dovuta all’assenza di notizie certe del suo amato Julien – e la macchina da presa notevolmente mobile del regista. È sicuramente una della passeggiate cinematografiche più artistiche della storia perché oltre alla rarefatta atmosfera nera e thriller domina la musica lancinante della tromba impareggiabile di Miles Davis, che ne scrisse appositamente la superba colonna sonora. Infatti indimenticabile resta la ‘Florence Sur Les Champs-Élysées’ che ricordiamo con nostalgia quale sigla del mitico Tenente Sheridan televisivo del compianto Ubaldo Lay.
A complicare la trama, altrimenti consueta e semplice storia di tradimento e omicidio, c’è una giovane coppia di fidanzatini che però non disdegnano il furto e l’avventura a bordo di un bolide tedesco con altro duplice ed efferato omicidio, che potrebbe sì complicare e depistare le indagini della polizia ma invece, come due affluenti, le due storie si incrociano e affluiscono di pari passo nelle celle parigine del commissariato, anzi verso un sicuro e inevitabile patibolo. Innanzitutto per colpa di un rullino fotografico, che – e lo sappiamo benissimo, ma la trama thriller ce lo faceva quasi dimenticare – come dice il commissario Cherrier “Vede, signora, ci sono sempre più foto in una fotocamera…”. Ecco quindi la prova scottante.
Poteva mancare in un noir francese la mitologica figura del commissario di polizia di poche parole e molte intuizioni, come una parvenza di Maigret? Ovviamente no, e il corpaccio e il viso da duro di Lino Ventura è lì, sul pezzo, a trovare con calma ed esperienza il bandolo della matassa. Faccia da duro, come un boss della mala francese, quasi a fare il contrappasso alla bellezza elegante e pulita dell’amante che deve attuare il piano criminale, il Maurice Ronet che veniva spesso impiegato dai registi francesi per le storie torbide (vedi ‘La piscina’).
Ma la regina resta, lungamente nella storia del cinema, la straordinaria e affascinante Jeanne Moreau, con il suo viso tondo, elegante nel suo abitino scuro, con la sua camminata seducente come una fotomodella, nel buio di Parigi rischiarato solo dai neon dei bar.
Film memorabile!
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