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Shut In

Regia di Farren Blackburn vedi scheda film

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La recensione su Shut In

di alan smithee
4 stelle

Una psicologa infantile vedova e con a carico un figlio immobilizzato a causa dell'incidente stradale che le ha portato via il marito, ha scelto di proseguire la sua attività lavorativa direttamente da casa, dirottando almeno parte della propria clientela direttamente nel suo splendido cottage inerpicato tra le pendici di una zona montana suggestiva ed isolata.

Il giorno in cui sparisce un suo piccolo paziente sordomuto, a cui la donna più di altri suoi pazienti si era affezionata, scomparso proprio da casa della dottoressa e dato per morto in seguito a congelamento nella foresta antistante la casa, succederà anche un fatto incredibile che farà capire alla donna come essa fosse al centro di un desiderio insano e delirante in capo ad una persona insospettabile a lei molto vicina.

Non si può accennare altro relativamente alla vicenda, a costo di doverne rivelare a tradimento il fulcro centrale in cui risiede il mistero. Il film, concepito come un thriller che sfrutta scaltramente ogni mezzo per cercare suggestioni e momenti di tensione (pure un povero procione spuntato all'improvviso da una catasta di legna nel parco della villa, diviene protagonista di uno dei momenti "da brivido" orchestrati con maliziosa sfrontatezza da sceneggiatori completamente a corto di idee originali), ha le gambe corte e si poggia tutto su una situazione troppo artificialmente costruita per potersi ritenere minimamente, se non plausibile, quant meno accettabile.

L'incanto paesaggistico ci vorrebbe riportare in zona "Misery", ma nel racconto di base non c'è King e la storiella, una volta scoperto l'arcano flebile e troppo macchinoso su cui è incentrato tutto l'incastro, perde ogni ragione per potersi ritenere interessante e godibile.

Im resto è tutto stravisto mille volte: bufera in arrivo, testimone via rete che ha visto e accorre sfidando le intemperie, oltre che la minaccia incombente; la lotta per la sopravvivenza che crea antagonismo tra un cattivo scaltro e cattivo dentro, vivo solo grazie4 al rancore provato per un amore uscito fuori dei binari, ed una protagonista tenace e incapace di arrendersi, finisce per dare luogo alla solita lotta per la sopravvivenza che si ripete nel suo solito stanco cliché.

Il cast evita più che può le star, per far brillare la sua unica in cartellone, una Naomi Watts che ha vinto la battaglia contro il tempo che passa, apparendo pressochè inalterata nelle pregevoli fattezze, dai tempi ormai remoti di Mullholland Drive.

Bei tempi quelli, irriproducibili ora, senza un regista di tal tenore ed ispirazione innanzi tutto, ancor di più se mossi dal solo chiodo fisso di fare qualche soldo facile senza impegnarsi sul lato creativo, riproducendo all'infinito sempre le solite storie e storielle.

Conseguenza questa, di tempi creativi decisamente più di routine, come appaiono quelli attuali, sulla scorta di simili banali sceneggiature senza criterio né decenza narrativa.

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