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Forever Young

Regia di Fausto Brizzi vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Forever Young

di M Valdemar
2 stelle

 

locandina

Forever Young (2016): locandina

 



Forever ... Brizzi.
Brrrr ....
Brancola sempre in territori brutalmente grami, il buon Fausto Brizzi, mentre blatera e fa blaterare i suoi abborracciati personaggi di banalità varie e avariate elucubrazioni ferme, perlopiù, alla burla, alla barzelletta, alla barbara immaginazione infantile.
In ottica, ovviamente, cool, very young, brand new (per adeguarsi al puerile linguaggio d'inglesismi forzati del nonno-dj Lillo): ovvero, la solita stupida commedia come se ne producono a bizzeffe, da (troppo) tempo; e che conosciamo oramai a menadito (medio).
La "riflessione", questa volta, come suggerisce il criptico sagace titolo ad effetto (effetto nostalgia canaglia di neuroni incagliati all'era letargica e bruta degli eighties), è l'immaturità di chi è in età matura/adulta/anziana. Toh, che genialata.
Abbracciata totalmente la sua "poetica" - mera brama di cantore di italici vizi e virtù e frizzi e lazzi -, Il Nostro srotola come un tappeto consunto (d'invitante) color marrone il suo classico immaginifico repertorio "brillante" brandendo come armi di frustrazione di massa tematiche originalissime quali lo scontro generazionale, la paura di invecchiare (e vedersi vecchi), peterpanismi, giovanilismi, intralci affettivi.
Il tutto ridotto, ça va sans dire, a dimensioni esilissime: personaggi abbozzati come macchiette venute male s'un foglio bianco non proprio intonso, dialoghi farfuglianti sciocchezze, tripudio di stucchevolezze assortite e siparietti in piena modalità "gioco degli equivoci". Ma che pena di gioco, perdindirindina.
E così, l'amante ventiduenne del gran capo Bentivoglio considera «leggenda metropolitana» la pasta fatta in casa, la Ferilli s'appiattisce a fare la milfona che si fa il toy boy figlio dell'amica (la Ranieri, distinguibile poiché s'agita da napoletana verace) di cui ovviamente non aveva mai sentito parlare prima, Teocoli sfiata a destra e a manca cercando una caratterizzazione vagamente decente (il quasi settantenne furioso sportivo che non ne vuole sapere di comportarsi da anziano), la coppia di musicisti Fresi-Zanella forse in crisi forse chissene utili giusto per ambientare una spassosissima scenetta a teatro (Bentivoglio tra due amanti inconsapevoli) con sottofondo beethoveniano ...
E Lillo, probabile alter ego (in senso figurato e farsesco, eh) dello stesso regista, perso tra sketch uno più triste dell'altro: da mandare a memoria - per mostrare al prossimo come si può riuscire a non divertire né essere ficcanti manco per un nanosecondo dopato pur avendone le intenzioni -, oltre alle improbabili risibili telefonate al bimbominkia che gli ha fregato il posto, la sequela di "audizioni" del nonno dj disoccupato, che passa da un'emittente in cui trasmettono la Carrà h24 (e relativo approccio omo: risate!!!) a una con programmazione "de paura" (metal e dintorni) e nel mezzo a "Radio Amen" (wow, ideona!) con comparsata di Frassica in abito da prete che lo interroga sui nomi dei dodici apostoli (sic).
Un farlocco collage di scenette mediocri, di figurine buttate lì, collegate e sistemate un po' a caso, come l'orgogliosa oggettistica-gadgettistica-memorabilia anni ottanta costantemente inquadrata e aizzata (basta un puntina che gracchia s'un vinile, nevvero?) a mo' di "guida morale" ... Peccato solo che, tra una Bonnie Tyler d'annata (Total Eclipse of the Earth urlata a squarciagola in un'imbarazzante-imbarazzata performance dal crescendo "eccitante" Indovina-Bentivoglio), il celebrrimo pezzo che dà il titolo al film e una Video Killed a Radio Star proposta per definizione di un cruciverba in spiaggia, traccia ricorrente (c'è all'inizio, durante e alla fine) sia un brano simbolo degli anni novanta a firma Supergrass, e cioè la hit Alright. Va tutto bene.
Quisquilie, che sarà mai.
E che saranno mai le riprese in stile mesto standard videoclipparo (il concerto, la discoteca, la festa in casa), gli Zero Assoluto prestigiosissimo cameo, il product placement gestito malamente («Si sente la pesca!» urla il vicino viscido ingegnere che vive con mammà: di che cocktail si starà parlando?, casomai non lo aveste notato, a lungo inquadrato com'era), i paraculi finali conciliatori? ...
Ma, dopotutto, bastavano i primi cinque minuti per capire ogni cosa. Diavolo d'un Brizzi. Brrr ....

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