Regia di Giuliano Montaldo vedi scheda film
Anche nel cinema, come in natura, nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto - o quasi - si trasforma. Vale anche per la filmografia di Giuliano Montaldo, valido e valoroso cineasta di casa nostra, non dotato da Madre Natura dei crismi dell'artista, ma padrone di un solido mestiere, di saldi principi e di doti da narratore. Rimasto quasi da solo a portare il vessillo di una vecchia guardia che si era fatta le ossa già con le ultime propaggini del neorealismo ed aveva poi esordito nei primi anni Sessanta, il regista genovese ha dato buona prova di sé con un film del 2011, L'industriale, interpretato da Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini. Quest'ultimo lavoro non è che l'attualizzazione (non mi piace, in questo caso, parlare di remake) di Una bella grinta, opera del 1965 che raccontava il rampantismo industriale degli anni del boom economico italiano. Montaldo fa questo, dimostrando una buona conoscenza dei meccanismi finanziari (e speculativi) alla base dell'industrializzazione italiana degli anni Sessanta e costruendo, con l'aiuto di Lucio Battistrada, una sceneggiatura solida, che intreccia efficacemente il piano del lavoro con quello familiare. E se il Nicola Ranieri del film del 2011 è il rampollo di una dinastia industriale giunta quasi al capolinea, l'Ettore Zambrini di Una bella grinta è il giovane padroncino padano che si è fatto caparbiamente da sé. E nella resa di questo personaggio il povero ma bello Renato Salvatori dimostra di essere (stato) più bravo di Favino. (20 gennaio 2017)
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