Regia di Orson Welles vedi scheda film
Non sorprende che Lo straniero sia tra i titoli più celebrati della filmografia wellesiana: si tratta infatti di un lavoro carico di suspense e dotato di ottimo ritmo – specie nell'incalzante finale – e soprattutto dalla regia impeccabile. Welles, nato nel 1915, ha appena 31 anni e ha già diretto Quarto potere e L'orgoglio degli Amberson, dimostrando fuor di qualsiasi dubbio le sue enormi potenzialità artistiche e il suo stile chirurgico dietro la macchina da presa; in questo lavoro, che è un congegno di tensione e doppi giochi, può sfoggiare il meglio delle sue qualità. Non per niente la sequenza conclusiva è passata alla storia del cinema: il copione (Anthony Veiller, Decla Dunning e Victor Trivas, da un racconto di quest'ultimo) costruisce sapientemente un climax di attesa – forse partendo un po' troppo in sordina, se si vuole proprio trovare qualche difetto – che sfocia in una scena madre da antologia, che restituisce oltretutto il colpevole alla giustizia (divina). Tra gli attori, oltre allo stesso Welles: Edward G. Robinson, Loretta Young, Philip Merivale, Konstantin Shayne e Richard Long. I personaggi, gli ambienti, i dialoghi: tutto è calibrato in maniera eccellente qui, e il tocco di Welles è sensibile e preciso, scrupoloso come quello di un Maestro – e se anagraficamente era presto per divenire tale, nei fatti concreti però il Nostro era già ritenuto da critica e pubblico un fuoriclasse. Vedendo Lo straniero si capisce perché. 7,5/10.
Un criminale nazista si è rifugiato in un paesino americano, dove vive una vita tranquilla sotto mentite spoglie. Un agente segreto è sulle sue tracce e lo bracca. Il nazista verrà tradito dalla sua passione per gli orologi.
(Re-visione 24/8/21)
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