FRANCESCA (ARG) 2015 LUCIANO ONETTI.
"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore: fecemi la divina podestate, la somma sapienza e 'l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".(Canto III, INFERNO…ovviamente Dante Alighieri).
L’ispettore Bruno Moretti sta indagando su una serie di omicidi connessi alla Divina Commedia. Le vittime hanno due monete (Lire) che coprono i loro occhi a simboleggiare il pedaggio da pagare a Caronte. Ben presto verrà alla luce che gli eccidi sono collegati al rapimento di una bambina avvenuto quindici anni fa…
I fratelli argentini Luciano e Nicolas Onetti congegnano un puro giallo all’italiana ambientato nella città di Azul…sembra il vero progetto magari concepito nero su bianco dopo la “Trilogia degli animali” e rimasto troppo a lungo nel cassetto ma riemerso per caso nel 2015 e filmato in modalità “old style” (Ovviamente prodotto da Salvatore e realizzato da Dario)
Ci sono tutti gli ingredienti del genere “Giallo all’italiana” dai titoli di testa Argentiani ai titoli di coda Martiniani passando per i vari Lenzi, Lado, Mario & Lamberto Bava e il Lucio Fulci finanche del “Lucio Fulci presenta”. Manca forse solo il titolo lungo tipico dell’epoca ma poi è un ritorno al passato primeggiante del Bel Paese…forse un lavoro del genere lo avevano già realizzato i francesi Cattet & Forzani nel 2009 con il noto “Amer” ma in quel caso forse il sapore non era cosi’ intenso.
I fratelli Onetti sono dei grandissimi conoscitori del genere…l’uso smanioso del color rosso rubino disarmonico con filastrocche dalle rime giocose, i caratteri dei titoli di testa (manca solo l’immancabile scritta “Fulvio Lucisano”), le musiche che accentuano i bassi tipici della progressive rock dei Goblin ma anche le melodie di Morricone (suonate dalla stesso Onetti che è anche un ottimo musicista), le calzature Mary Jane rigorosamente nere e se vogliamo feticiste, i ferri dei lavori a maglia utilizzati per la mutilazione di animali, bambolotti sudici e bruciacchiati focalizzati nei primi piani, selezionati guanti in pelle che “pregustano” gli omicidi, l’immancabile J&B, etc..
A questo punto quindi ci si pone la domanda…il film è un buon omaggio oppure una serie di fotogrammi copiati e incollati nel tentativo peraltro fallito di riportare in vita ormai un genere che ormai non esiste?
Il film ha una inoppugnabile potenza di immagini ed un insieme di dettagli e citazioni non solo per Dante (C’è anche Francesca da Rimini, Op. 32 è una fantasia per orchestra in Mi minore di Pëtr Il'i? ?ajkovskij) ma anche per i mitici gialli Mondadori “Petrosino e il figlio del diavolo”, etc…ma dietro questi continui omaggi non in modalità videoclip c’è una grande tecnica e padronanza della macchina da presa.
Eccezionale il livello dei dettagli sempre coadiuvato dalla ritmica della colonna sonora con i primi piani in chiaro scuro di una fotografia che conferisce levatura al lungometraggio.
I piani medi invece premiano gli interni che custodiscono i parquet con listoni in legno raschiati, librerie in legno massello che supportano tomi ereditati, gufi da collezione porcellanati, telefoni a disco color paglierino, posacenere da terra cromato ospitante marlboro spente a metà, carrozzine argentee arrugginite, etc … la messinscena non è proprio un caso ma è un’attenta ricerca come le inquadrature dal basso che richiamano meticolosamente i capolavori italiani oppure la camera a mano che scolpisce abiti con disegni rombici con cerchi circoscritti color cobalto.
Gli esterni invece gratificano l’architettura contemporanea della piccola ma ricca città di Azul…i campi totali vengono spesso utilizzati per le investigazioni ma anche per staccare una fotografia misteriosa, cupa e soporifera.
Il film incanala anche una serie di scene splatter/gore macabramente notevoli (direi estreme) non solo circoscritte agli atroci e sadici omicidi ma alcuni fotogrammi suscitano terrore come quelli dove viene messo su nastro il canto III tramite un magnetofono a bobine con una voce ansimante, metallica e distorta…c’è persino una sorta di erotismo da rossetto, palpante ed in generale una dipendenza ossessiva dal sesso…insomma ci sono tutti gli ingredienti per una ricetta senza dosi predefinite…il famoso cinema degli eccessi.
Purtroppo però c’è da dire che la scelta di forzare gli attori argentini a recitare uno striminzito italiano da un lato è l’ennesimo ossequioso e rispettoso omaggio al cinema italiano ma dall’altro rende i dialoghi involontariamente a tratti ridicoleggianti a tal punto che il film funziona quando le battute, peraltro ridotte all’essenziale, sono sovrastate dalla musica elettronica.
Anche l’intreccio del lungometraggio ed in generale la sequenza narrativa ha dell’ illogico, dell’inverosimile e la dinamica degli eventi peraltro è solo il pretesto per esaltare una concatenazioni di immagini ipnotiche.
In conclusione un film che divide ma per quanto mi riguarda vale.
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