Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Ebbene, oggi recensiamo quello che possiamo considerare assolutamente il primo, compatto capolavoro di Martin Scorsese, ovvero Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all’inferno.
Film epocale cresciuto esponenzialmente nel corso del tempo e divenuto oramai una pietra miliare intoccabile.
Film del ’73 che, nella sua schiettezza ruvida, con la sua ambientazione squallidamente neorealistica, ha rivelato definitivamente, lucentemente il talento straordinario di Scorsese dopo i già suoi notevoli e interessanti Chi sta bussando alla mia porta e America 1929 - Sterminateli senza pietà.
Per questo Mean Streets, Scorsese sceglie ancora come protagonista Harvey Keitel, dandogli un ruolo primario e centrale. Il proseguimento ideale del personaggio già interpretato dallo stesso Keitel nel succitato Chi sta bussando alla mia porta.
Scoprendo prodigiosamente il talento di Robert De Niro. Un anno prima che De Niro vincesse l’Oscar come migliore attore non protagonista, nella parte del giovane Vito Corleone, per Il padrino - Parte II di Francis Ford Coppola.
Il resto, come sappiamo, è storia del Cinema. De Niro, divenendo una star fotogenicamente polimorfica e un interprete forse camaleonticamente più versatile di Keitel, dotato di più fascinosa, immediata presenza scenica, lo soppiantò nella gerarchia, in ordine di preferenza, dei ruoli da performer principale nella filmografia di Scorsese. Oscurò Keitel, adagiatosi piacevolmente a spalla di lusso.
Keitel infatti, in veste di pregiato comprimario carismatico, per Scorsese sarebbe presto diventato il pappone Sport di Taxi Driver e a fine anno lo vedremo affiancare De Niro nell’attesissimo The Irishman. As Angelo Bruno.
Non dimentichiamoci, ovviamente, la sua prova come Giuda ne L’ultima tentazione di Cristo. Ove il protagonista è stato Willem Dafoe, sebbene appunto il ruolo di Gesù fosse stato inizialmente proposto da Scorsese proprio a De Niro.
Detto doverosamente ciò, passiamo alla trama di Mean Streets:
Charlie Cappa (Keitel) è un fervente cattolico di Little Italy, ossessionato dai sanguigni e abrasivi dubbi della fede cristiana nonostante la sua vita da scalcagnato malavitoso per le strade malfamate di New York.
Combattuto nella coscienza se allearsi col bieco, mafioso zio Tony (David Proval), proprietario di un locale, il quale vorrebbe sistemarlo e consegnargli un ruolo di rilievo nel suo giro, un giro non moralmente integerrimo che però potrebbe garantirgli una maggiore stabilità emotiva ed economica, oppure se ostinatamente proseguire nel suo confusionario stile di vita assai pericoloso.
Charlie infatti campa fra clandestine scommesse, risse e piccole truffe quotidiane. Ed è inseparabile amico dello scavezzacollo Johnny Boy (De Niro), un balordo pazzerello che potrebbe metterlo nei casini.
Nel frattempo, Charlie è anche innamorato della cugina di Johnny Boy, l’epilettica Teresa (Amy Robinson)
Sia per Charlie che per Johnny, probabilmente, il destino più violentemente beffardo e mortale li attenderà spietatamente al varco...
Ecco, quando sento dire e leggo dappertutto che Scorsese ha realizzato con puntiglio da antropologo Mean Streets, parafrasando testualmente peraltro Morando Morandini, scusate, ma sorrido.
Più che studioso del comportamento suburbano, socialmente caratteristico di Little Italy, Scorsese è stato semplicemente un sincero e magnifico, autobiografico narratore dell’ambiente in cui lui stesso è cresciuto, che ha conosciuto sin dalla più tenera età come le sue tasche.
E ha fatto della sua, potremmo dire, esperienza naturale sul campo, materia esplosiva della sua stessa pellicola. Non solo diretta, bensì sceneggiata di proprio pugno con la collaborazione di Mardik Martin (L’ultimo valzer, New York New York, Toro scatenato).
Allestendo un’impietosa parabola pugnace, genialmente avanguardistica nello scandirsi frenetica, arrabbiata e malinconicamente esasperata, triste eppur vivissima e raggelante, rallegrata, modulata, appianata, ammorbidita, illanguidita, poi schizzata e tonificata, anche in senso figurato di variazioni tonali, in una variegata, eclettica colonna sonora ove sfilano pezzi storici di Eric Clapton e dei Rolling Stones mischiati perfino a brani tipicamente napoletani e alla mitica Scapricciatello di Renato Carosone.
Definendo quindi già il suo stile corrosivamente, folcloristicamente rock, briosamente e al contempo cupamente dinamitardo.
Mean Streets, un cult inamovibile. Irrinunciabile.
Progenitore di tanto esaltante, grandissimo Cinema a venire.
di Stefano Falotico
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