Una fuga dal carcere finita male. Un uomo e una donna si incontrano in uno scenario apocalittico, nel bel mezzo di una ventata oscurantista di repressione delle coscienze.
Cortometraggio sperimentale in perfetto stile Alberto Grifi: politica innanzitutto, ma anche psichedelia, fantascienza, cronaca e delirio. Ventitrè minuti di dialoghi che prendono spunto dalla didascalia di apertura, qualsiasi ne sia il significato concreto: "La disperazione della coscienza crea gli assassini dell'ordine universale; la coscienza della disperazione, gli assassini del disordine". Scritto dal talentuoso e incontenibile regista insieme ad Annabella Miscuglio, Vigilando reprimere vede in scena due soli attori (Massimo Sarchielli e Sylvia Poggioli), ai quali si sovrappone la voce del narratore esterno, che è poi lo stesso Grifi. C'è troppa fantasia per essere Godard e troppa poca sen/ses-sualità (che pure non manca) per essere il Brass contemporaneo; all'epoca il cineasta era già sufficientemente noto nell'ambiente underground per il suo personale stile di ricerca visiva e sonora (a proposito: qui la colonna sonora, elettronica e rumorista, è a cura dello Studio Musicale Romano), ma sarà il successivo Anna (1972/74) a dargli ulteriore e definitiva visibilità. 5,5/10.
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