Regia di Martin Koolhoven vedi scheda film
Organizzato in 4 capitoli che non rispettano un ordine temporale cronologico, ecco un western sadico e astuto che gira la frittata ove meglio crede ed ha dalla sua solo il merito di valorizzare due interpreti (Fanning/Pearce) entrambi e per diverse ragioni considerati troppo poco.
VENEZIA 73 - CONCORSO
Apocalisse - Esodo - Genesi - Castigo: in quattro lunghi capitoli che strategicamente rifuggono l'ordine cronologico temporale della storia, il regista Martin Koolhoven.Ma costruisce un western che definire "crepuscolare e sadico" e' ancora dir poco.
Raccontare nei dettagli la storia significa tradire la/le sorprese che la vicenda, rimaneggiata abilmente ma anche in modo eccessivamente elaborato, riesce a mostrarci prendendosi i tempi necessari e scandendo la discesa agli inferi di una giovane figlia di pastore integralista e folle, di scene forti e massacri a volte così sopra le righe ed esaltati da suscitare risate fragoroso e di fatto fuori luogo.
"Non sono le fiamme a rendere insopportabile l'inferno, ma la mancanza d'amore"..dichiara il pastore folle alla sua diversamente e vergognosamente amata figlia: da che pulpito.
Il film non concede spazio ad ironia alcuna, se non involontariamente, e appare come un western eccessivamente studiato per colpire con i suoi giochini ad effetto.
Dalla sua il film, costruito maldestramente ma comunque diretto bene, ha i due protagonisti assoluti: Dakota Fanning, Diva précoce in abissale da una sorella più giovane e ancor più bella, partiva da tempo la mancanza di un ruolo forte e di rilievo, mentre il sempre bravo Guy Pierce, diabolico pastore assassino brutalizzato dal male, potrebbe ambire a qualche riconoscimento, non necessariamente in questo festival.
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