Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film
Nell’ideale prequel dell’intelligente e originale, seppure non del tutto impeccabile “La mafia uccide solo d’estate”, Pif attinge ad alcune vicende del più recente conflitto mondiale, mescolando ancora una volta finzione con (presunta) memoria storica, raccontando con il consueto stile disincantato e pungente, ma anche un po’ sognante e affettuoso, uno spaccato di Sicilia, popolata da piccoli eroi, meschini approfittatori e poveri disgraziati.
La vicenda principale è quella di Arturo Giammarresi, squattrinato cameriere che lavora in un ristorante italoamericano nella New York degli anni’40, innamorato della bella nipote del proprietario Flora, promessa sposa al rampollo di una famiglia malavitosa affiliata di Lucky Luciano. Il tenace ma ingenuo ragazzo, pur di riuscire a realizzare il sogno di sposarla, decide di andare a chiedere l’approvazione al padre di lei, che però si trova ancora in Sicilia, dove intanto le forze alleate pianificano di sbarcare per infliggere una battuta d’arresto allo strapotere dei tedeschi. Al giovane, suo malgrado, non resta altro che imbarcarsi come soldato pur di mantenere la promessa fatta all’amata.
Inizia così per lui una serie di tragicomiche disavventure nella speranza di avvicinare il futuro suocero, ma l’impatto con l’ambigua realtà dell’occupazione americana, la sincera amicizia con il coraggioso e integerrimo capitano Philip Catelli e una serie di incontri con altri personaggi di dubbia moralità, lo indurranno a superare i propri fini egoistici e ad interrogarsi in maniera più matura sul proprio ruolo e sui propri principi, ampliando così la sua visione sul mondo che lo circonda.
Pif riesce a nascondere dietro la facciata del semplice racconto romantico di formazione, intervallato da una gustoso carosello di personaggi cabarettistici, affidati a bravi caratteristi siciliani – tra i quali spicca l’irresistibile duo Sergio Vespertino/Maurizio Bologna, sventurata coppia di fatto ante litteram – una sottile e critica operazione di denuncia sociale delle collusioni tra mafia e politica all’alba della nascita della repubblica, che insiste forse un po’ troppo sui toni del sarcasmo e della leggerezza per avere un impatto forte e dilagante sul pubblico. Pur trattando argomenti complessi, pesanti e scottanti, per quanto non del tutto inediti, il regista e attore palermitano si preoccupa di più di intrattenere col risultato che la narrazione si presenta fortemente sfilacciata, sbilanciata se non zoppicante, con molti riempitivi umoristici un po’ fini a se stessi e un finale grottesco e amaro quasi distaccato e stonato rispetto a tutto il resto, per la sua più forte vena polemica e dissacratoria.
La storiella d’amore poi, è un puro pretesto e non coinvolge minimamente perché scritta in maniera superficiale (del tutto sprecata la rossa Miriam Leone, che pure ha dimostrato di recente di non essere solo bella), mentre le citazioni e i temi affrontati sono tanti, anche troppi, e la sceneggiatura non riesce a dedicare ad ognuno il giusto spazio, finendo per abbozzarli in maniera non sempre soddisfacente. Nota di merito comunque, oltre alla recitazione del cast, gli effetti speciali e gli scenari, che per quanto belli e caratteristici, sono comunque mal sfruttati nell’economia della storia (del tutto inverosimile che lo sbarco delle truppe americane possa avvenire in una località a ridosso di un’alta e frastagliata scogliera).
Si apprezza l’intento e il coraggio, soprattutto per lo sforzo di ricostruire l’ambientazione e i costumi, ma questa volta la commistione tra risata e riflessione è molto meno riuscita.
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