Inizi degli anni 90.
Nell'arco della stessa notte, dal tramonto all'alba, 5 taxisti rispettivamente di NY, Los Angeles, Parigi, Roma e Helsinki ci portano a spasso sui loro veicoli, facendoci incontrare una variopinta umanità.
Un anno dopo Taxi Blues di Pavel Lungin, e 15 da Taxi Driver, Jarmusch ci porta sui suoi taxi poetici e stralunati, farcendoli con dialoghi stranianti e riflessioni sulla vita, più o meno riuscite (farà di meglio con Coffe e cigarettes).
L'operazione è abbastanza superficiale, e dei 5 episodi ne salviamo solo due: quello nuiorchese, con un giovanissimo ed eddymurpheggiante Giancarlo Esposito (pre Star Wars e pre Breaking bad) e un intenso Armin Mueller-Stahl, clown della Germania dell'Est, fuggito e riciclatosi come impacciato taxista; e l'ultimo, ad Helsinki, con Matti Pellonpää, già attore per Kaurismäki, che gareggia in sfortuna coi suoi autotrasportati, riequilibrando il senso di giustizia.
Carino, e niente più, l'episodio a Los Angeles con una Winona Ryder appena uscita da neonatologia. Fastidiosamente verboso, l'episodio romano con Benigni che strologa sull'amore verso tutto e tutti. Bella fotografia di Frederick Elmes.
Musiche irrilevanti di Tom Waits.
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