Regia di Mark Robson vedi scheda film
Gran bel film ambientato nel famigerato ambiente del pugilato americano, molto scorrevole nonostante una trama abbastanza complessa e numerosi personaggi. Kirk Douglas dà una grande interpretazione di uomo rabbioso e testardo, oltre che smaniosamente ambizioso. Tutti gli altri attori sostengono bene il loro ruolo, la regia è agile e versatile, la fotografia in bianco e nero suggestiva. A parte l'elemento pugilistico della pellicola, l'atmosfera e la trama è quella del noir di quegli anni.
Il film è nel suo complesso uno studio sul tipo umano del protagonista. La migliore analisi del suo carattere sembra farla suo fratello in una battuta: cioè che quando combatte sul ring lo fa con una rabbia che ha dentro e che sembra andare oltre i motivi della boxe. E' quasi un rancore che si porta appresso dall'infanzia verso il padre che abbandonò moglie e figli per andarsene con un'altra donna, rancore che poi sfoga sul ring. Con le donne è volitivo e passionale, brusco ed egoista. In generale è un altro esempio di pugile frequente al cinema (e nella realtà?), che vince sul ring ma ha una vita privata che è un vero disastro, poiché la sacrifica alla carriera e al denaro. Molto forte a questo proposito è l'ultimo episodio, dove per fare il galletto con la moglie del suo impresario, donna ingannatrice e capricciosa, quasi ammazza di botte l'avversario. Il finale è altamente metaforico. Da paragonare con “Anima e corpo” di Rossen.
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