Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Difficile districarsi tra la miriade di emozioni che questo film, ancora oggi, riesce a trasmettere. Eppure, dall'inizio alla fine, si respira un forte odore di semplicità, anche nei dialoghi, una semplicità che sa di naturalezza e di realtà. Guardando Sciuscià l'occhio cade immediatamente sull'Italia dell'immediato dopoguerra, un paese distrutto e ridotto alla fame ma che, forse per esser scampato alla guerra, alla dittatura ed alla morte, sembra godere del solo fatto d'esser sopravvissuto ed avere un gran desiderio di rialzarsi, un desiderio che si concretizza nell'arrangiarsi nel fare ogni mestiere, persino nel rubare pur di 'tirare a campare'. Esempi di questo 'modo di pensare' sono i due piccoli protagonisti del film: due ragazzini costretti a diventar grandi prima del tempo che, nonostante siano piccoli e parlino come tali, si esprimono come due adulti, si comportano da adulti e non paiono avere nessuna paura della vita. Per questi due poveracci senza fissa dimora, l'infanzia non esiste proprio. Un giorno vengono rinchiusi in un riformatorio e lì la loro forza viene messa duramente alla prova assieme alla loro forte amicizia. De Sica, allora, critica il sistema carcerario minorile, fatto di aguzzini travestiti da buoni, che non usano mai la forza o alzano la voce, ma non hanno paura di praticare torture psicologiche, di negare l'ora d'aria, di rinchiudere i ragazzi in celle piene di cimici, di farli scannare tra di loro e di lasciarli marcire in carcere anche quando malati. Ed i piccoli 'delinquenti' diventano così vittima di un paese immerso nella povertà e nella miseria e che spinge a delinquere pur di sopravvivere. Ma i ragazzi, anche quelli più violenti, conservano un certo spirito cameratesco, un certo 'codice d'onore' per così dire. Insomma, non sono loro i cattivi, sono le vittime; questo è il primo messaggio che passa.
Quello che più mi sorprende, è la naturalezza con cui gli attori (non professionisti ricordiamolo) si esprimono sulla scena. De Sica sembra condurli per mano in ogni piccolo passo ed i due protagonisti (ma anche i comprimari) sono straordinariamente credibili. In fondo, credo che per rappresentare la vita della strada, non ci sia di meglio di gente della strada. E la naturalezza, la realtà, la veridicità delle situazioni compare in ogni fotogramma, si ascolta in ogni frase pronunciata.
L'Italia distrutta, lo ripeto, è rappresentata in modo così autentico e così privo di forzature, che pare di poterla toccare.
Il finale è autenticamente commovente.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:3 impegno:3 tensione:3
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