Due bambini sono soli sulla spiaggia; la piccola gioca, il più grande, Enzo di sette anni, raccoglie legna da ardere per il prossimo inverno. I genitori lavorano e i due dovranno crescere in fretta.
Nel corso degli anni Sessanta il semisconosciuto Giuseppe Taffarel diresse una manciata di cortometraggi di stampo prevalentemente sociale, ambientati nelle fasce economicamente meno abbienti e con un approccio molto crudo, quasi neorealista. Questo Legna da ardere dura appena tredici minuti e vede in scena quasi soltanto un interprete: un bambino di sette anni, che spazia in una spiaggia desolata; la narrazione procede grazie all'intervento del narratore esterno, che racconta la situazione della famiglia del piccolo, una famiglia povera e dalle ambizioni piuttosto umili. Il taglio del commento è più o meno giornalistico: l'intento cronachistico non può essere più di tanto mascherato dall'inequivocabile impianto di fiction dell'opera. Taffarel lavorò nel cinema principalmente come attore, eppure anche in questa circostanza dimostra di avere avuto idee e mezzi artistici giusti anche per stare dietro la macchina da presa. 6/10.
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