Regia di Kinga Debska vedi scheda film
Marta è un'attrice resa popolare dalla partecipazione stabile ad una serie tv di successo: è una donna risoluta e sicura di sé ma sostanzialmente sola, e da sola ha allevato una figlia divenuta ormai maggiorenne. Kasia insegna in una scuola elementare, ha un carattere insicuro e lunatico ed è sposata ad un uomo senza qualità che cerca lavoro sperando di non trovarlo, dal quale ha avuto un figlio ora adolescente.
Marta e Kasia sono sorelle, e nonostante i repripoci impegni e le diversità di vedute, si trovano costrette ad unire le forze quando le condizioni di salute della madre, già diabetica e malata di cancro, precipitano in seguito ad un'emorragia cerebrale che la riduce in coma farmacologico. Ad aggravare ulteriormente la situazione interviene, di lì a poco, l'imprevisto ricovero anche del dispotico padre Tadeusz il quale, grazie agli accertamenti seguiti ad uno svenimento avvenuto proprio mentre era in ospedale, scopre di avere un tumore maligno al cervello
Leggendo questo popò di sinossi, può venir naturale pensare che l'incasellamento di These Daughters of Mine sotto il genere "commedia" sia un evidente un refuso. Trattasi, invece, proprio della caratteristica che vorrebbe distinguerlo dalla stragrande maggioranza dei film che vertono su tematiche simili.
«La commedia è il miglior modo per parlare di una tragedia: la risata è liberatoria». Questa è la dichiarazione d'intenti con cui la regista Kinga Debska presenta These Daughters of Mine, soffermandosi sulla necessità di esorcizzare il dolore ed ammettendo di aver preso spunto dalla propria esperienza personale: e quello è in sostanza il registro adottato, con almeno un paio di personaggi (il padre testardo e sboccato e la maldestra Kasia, la più umorale delle due sorelle) deputati per carattere ad innescare meccanismi tipici della farsa. Peccato, però, che di risate liberatorie non ci sia nemmeno l'ombra, e che il tentativo di intermezzare un racconto per forza di cose drammatico con momenti in qualche modo più leggeri si risolva perlopiù in battibecchi irritanti o situazioni prevedibili se non già viste, producendo come effetto finale quello di un innesto abortito tra due componenti che anziché amalgamarsi si annullano a vicenda.
Dal parziale naufragio di questa operazione non riuscita, va fatto salvo il garbo con cui la regista attraversa il terreno minato del 'film sulla malattia', schivando pietismi e patetismi facili: è meritorio, ma non basta a fare un buon film.
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