Regia di Sergio Rubini vedi scheda film
Scrittore con fidanzata un po’ martire in interno borghese («in affitto... fino a quando possiamo permettercelo») al centro di Roma. Irrompe l’amica “Costi” inferocita per aver scoperto (via WhatsApp) il tradimento del marito, il “Prof”, chirurgo di grido ma coatto. Presi praticamente prigionieri dalla coppia, prima in ordine sparso poi ricongiunta, i protagonisti allargano il gioco al massacro. Neanche troppo inaspettatamente, a dire il vero. Sergio Rubini e i co-sceneggiatori Carla Cavalluzzi e Diego De Silva non citano testualmente Carnage di Roman Polanski, dal testo di Yasmina Reza, ma da questo precedente volenti o nolenti non si sfugge. E stupisce la scelta di caricare tanto il personaggio di Bentivoglio, medico che si esprime solo in un romanesco tanto triviale quanto addomesticato, non lontano da certo slang cinepanettonesco. Dove il film invece funziona è nella dialettica sociopolitica, quasi antropologica, tra i padroni di casa progressisti e gli ospiti di destra, coinvolti nella medesima ipocrisia, filtrata attraverso i sentimenti repressi dei primi e quelli esternati fino al parossismo dei secondi. Una dialettica molto carnale e molto italiana, che rende a tratti divertente il confronto. Lo spirito teatrale del film ha fatto sì che dopo le riprese Rubini pensasse a una stagione on stage con il medesimo cast, immaginiamo senza la voce fuori campo di Antonio Albanese, piuttosto superflua.
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