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The Circle

Regia di James Ponsoldt vedi scheda film

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La recensione su The Circle

di amandagriss
8 stelle

 

 

la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni

 

Il Grande Fratello (orwelliano) colpisce ancora.

Onestà, trasparenza e democrazia attiva....

 

 

Dal romanzo omonimo del giornalista scrittore statunitense Dave Eggers, The Circle è l’esasperata ma nient’affatto improbabile rappresentazione di un futuro prossimo venturo omologato e omologante del pensiero, delle azioni e perfino delle emozioni, dominato dall'occhio sempre vigile di dio-internet, ultimo idolo di latta e di aria da adorare e compiacere, in cui la nuova società-setta, non troppo distante da quella che è oggi, annulla la sua specificità d'individuo per abbracciare il credo della collettività massificata dove il controllo e la manipolazione (delle menti) dei soggetti tutti vengono fatti passare per condivisione e fratellanza, valori di per sé nobili, da conquistare, in questo caso, solo sacrificando all'altare della sovraesposizione mediatica la sfera del privato inclusi i momenti d'intimità più personali e delicati.
Sventolando l'opportunità di veder concretizzati tanto l’agognata/chiacchierata utopia sull'uguaglianza dei diritti e dei doveri quanto la fragile illusione delle pari opportunità, con lo scopo ultimo di realizzare e vivere in un mondo, finalmente, sicuro e perfetto.

Dove uno vale uno, dove ognuno fa la sua parte contribuendo positivamente al benessere globale, all’evoluzione del genere umano, all’applicazione nella quotidianeità del suo potenziale ancora fortemente inespresso.
Una catena di montaggio (dis)umana che si allarga a macchia d'olio, abbagliata dalla necessità fisiologica (indotta), che si fa obbligo paradossalmente volontario, di essere ''social'' ovvero integrati/popolari/amati/impegnati/utili/altruisti/moderni/cosmopoliti/sorridenti e ottimisti con un semplice click sulla tastiera.
E chi non si conforma ai dettami vigenti è -automaticamente- un brutto ceffo emarginato da linciare, possibilmente.

 

 

 

L’ottimo Tom Hanks (munito di una crespa barba canuta evocatrice, seppure alla lontana, di personaggi reali del contemporaneo vissuto politico nostrano) sostiene questa che è una piccola produzione indipendente, rendendo onore ad un lavoro che trova nel mezzo-cinema un efficace veicolo divulgativo, sicuramente maggiore della pagina scritta, a cui preme principalmente l’esposizione netta e chiara (qualcuno potrebbe accusarlo, a torto, di essere troppo didascalico) della sua presa di posizione esplicitamente polemica contro una forma di dittatura finemente infiocchettata in atto e in divenire, che individua nei dissidenti della condizione (che si vorrebbe naturale) “social” i perfetti capri espiatori.

Ma si sa, ogni tirannìa ha (e ha avuto) i propri martiri.

 

 

Emma Watson si dimostra all’altezza del doppio ruolo di vittima-carnefice saggiamente affidatole, grazie al suo talento puramente fisiognomico: interprete poco espressiva -per chi scrive, non convince mai pienamente quando si tratta di tirar fuori e trasmettere stati d’animo che siano essi di gioia o di dolore- la quale, tuttavia, bene aderisce a quelle personalità ambigue e controverse che la 7ima arte continua a reclamare (per intenderci, possiede una faccia d’angelo che, tutto sommato, rivela una stronzaggine di fondo impossibile da camuffare, vedasi Regression di Amenábar e Bling Ring della Coppola).

Infine, un irriconoscibile Bill Paxton (forse alla sua ultima prova) che si congeda con onore dal cinema con una piccola ma significativa, memorabile partecipazione.

 

"Questo non è un romanzo sul potere di Google sulle nostre vite, ma su quello che rimane delle nostre vite nell'era di Google".

David Eggers

 

 

 

 

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