Regia di Paolo Costella vedi scheda film
Un industrialotto lumbard che mentalmente vive negli anni Ottanta, razzista all'inverosimile contro i terùn, si ritrova il figlio in procinto di sposarsi con una del sud. Lo preferirebbe (perfino!) gay: invece niente, gli tocca scendere nell'orrendo meridione per scoprirlo in realtà molto più umano, vivo, simpatico di quanto lo squallido personaggetto pensi. Il matrimonio si farà, nonostante mille imprevisti, e sarà bellissimo.
La terza collaborazione - il terzo cinepanettone - fra Paolo Costella e Massimo Boldi è questo indiscutibile (perchè non avrebbe nessun senso mettersi a discutere di tante sconcezze e luoghi comuni insulsi) Matrimonio al sud, razzismo e qualunquismo italioti surrogati sotto forma di film. La sceneggiatura firmata dal regista e da Gianluca Bomprezzi è un sunto dell'old style della Milano craxiana da bere e degli stereotipi ormai datati e risibili che caratterizzarono i disgustosi anni Ottanta, l'epoca insomma in cui Boldi raggiunse la massima fama e nella quale decise di soffermarsi a vita, dalla quale non è più riuscito a evolversi (e considerando che lì si toccò il grado zero della comicità nostrana, fate un po' voi). Far uscire nel 2015 un lavoro simile è qualcosa di crudele innanzitutto nei confronti di chi vi ha preso parte. Tanto per citare un po' di nomi, fra gli interpreti si segnalano anche Biagio Izzo, Debora Villa, Ugo Conti, Gabriele Cirilli ed Enzo Salvi; la Villa peraltro, classe 1969, veste i panni della moglie di Boldi, un quarto di secolo più vecchio: qualcosa non torna fin dalle fondamenta, dalla fase di impostazione e costruzione del lavoro. Pare evidente che l'unico target possibile per Matrimonio al sud siano gli amanti del trash senza troppe pretese; la trama è di una banalità sconcertante e la narrazione procede forzata, priva di alcuna verve; difficile trovare una gag che funzioni, o una che sia un briciolo originale. 1/10.
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