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Cruising

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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La recensione su Cruising

di Baliverna
8 stelle

E' un film piuttosto sgradevole, che però è fatto bene e ha il merito di tenere gli elementi (bene e male) al loro posto, e non cambia le carte in tavola (come avviene sempre più oggi). La rappresentazione del sottobosco gay di New York è realistica e scevra da qualunque aggiustamento, abbellimento, o addolcimento all'insegna del politically correct. Quell'ambiente buio e notturno, fatto non d'amore ma di sesso, perversioni assortite, sopraffazione e omicidi, è un vero e proprio girone infernale, dove il protagonista entra nell'illusione di uscirne indenne e vittorioso. Questo è almeno il suo progetto e ciò che pensa con la testa, ma da qualche parte dentro di sé sente fin da subito una perplessità o un vago dubbio, come un oscuro presentimento che la cosa è potenzialmente pericolosa. Ciò che gli accade finisce per confermare i suoi timori e si presenta dal capo per rinunciare all'incarico; poi però, per le pressioni di questo e la lusinga della promozione, finisce per restare (e per pagare la sua debolezza). Mi rendo ben conto che la mia analisi è in assoluta controtendenza, ma secondo me ciò che gli accade non è tanto che scopre una parte di sé che non conosceva - come una specie di omosessualità latente della quale non si era mai reso conto - ma avviene che l'ambiente perverso nel quale si immerge e al quale finge di appartenere alla fine insozza e ammorba anche lui. Certo, e finisce per percepire tendenze omosessuali. Ciò succede sia per la sua prolungata permanenza in quell'ambiente, che per la presunzione di non rimanerne contaminato. Il suo degrado è evidente specie nella scena della colluttazione nell'appartamento del vicino. Il film offre anche uno spunto sulle possibili cause dell'omosessualità, come un distorto e tormentato rapporto col padre.
Devo dire che pochi come Friedekin hanno preso atto dell'esistenza del male e il suo effetto su chi vi si accosta, o ancora sul dovere di individuarne la causa e distruggerlo (L'esorcista, L'albero del male). E anche qui il regista fa le sue riflessioni. A me non pare tanto un film sulla scoperta in sé di tendenze omosessuali, quanto sulla pericolosità del male in generale, e sul suo potere di contagiare chi vi viene a contatto. Da questo punto di vista, è un film molto cristiano (sebbene non sappia di che fede sia Friedekin) e ricalca in pieno certi consigli di San Paolo. Il regista dirige in modo sobrio e antispettacolare, come pure compassata è l'interpretazione di un ancora giovane Pacino, che però ci offre sul volto molte sfumature e dubbi del suo ambiguo personaggio. Il tutto concorre a creare un'atmosfera grigia, triste, malata. Si era nel 1980; credo che se lo proiettassero oggi le associazioni gay insorgerebbero sdegnate. Da accostare al "Corridoio della paura" di Sam Fuller.

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