Regia di William Friedkin vedi scheda film
Non è facile riordinare le idee dopo aver visto (più volte) un film come Cruising. Innanzitutto è impossibile scindere questa pellicola dalla travagliatissima produzione che l’ha caratterizata e che ne ha fatto sortire un film con significativi tagli; oltre a questo sembra però esserci la piena volontà da parte di Friedkin di portare lo spettatore ad un altissimo livello di disorientamento, riuscendoci alla perfezione. In una livida New York notturna apprendiamo che un killer adesca, consuma un rapporto e poi uccide omosessuali a coltellate. Ma ancor prima ci viene mostrato, con una brutalità sconcertante, quanto la comunità gay sia in realtà invisa alle forze dell’ordine che anzi sfruttano la loro divisa per approfittarsi (sessualmente) di loro. Il titolo Cruising che fa riferimento al “rimorchiare”, all’inizio si concretizza, a differenza di quanto avverrà nel resto della vicenda, con l’abbordaggio da parte di una coppia di poliziotti che impone un rapporto orale ad una coppia di gay, per poi virare su quello che sarà il primo omicidio. L’introduzione di un agente (Steve Burns-Al Pacino) che dovrà infiltrarsi nella comunità omossessuale è idonea grazie alla somiglianza con le vittime che il killer adesca (e potremmo dire con il killer stesso). Inizia quindi la sua discesa in un mondo sostanzialmente a lui ignoto che lo porta ad indagini sempre più serrate, ad una presa di coscienza circa il pregiudizio dei suoi colleghi ad uno stordimento sulle sue certezze sessuali, e probabilmente anche a qualcosa di ben più drammatico. Ma andando con ordine: la sequenza iniziale con il braccio ritrovato in mare lascia ben perplessi, in quanto sembra scollegata con l’evolversi della storia: nessun cadavere viene poi mutilato e tanto meno occultato in acqua, dobbiamo dunque pensare che l’assassino sia dunque più di uno? E qui apriamo uno scenario enorme: l’assassino è ritratto in modo altamente enigmatico, sino alla fine (inclusa) rimaniamo davvero sospettosi del fatto che sia stato acciuffato il vero autore dei delitti, che sembra, volutamente, molto diverso da una sequenza all’altra, difatti leggo che l’assassino è stato interpretato anche da attori differenti ma doppiati dalla stessa voce (nei crediti finali vediamo indicato “voice of Jack....”). Ma proprio questo senso di dubbio e di incertezza nello spettatore sono una qualità eccezionale del film che non trova mai quiete nella sua evoluzione.
Senz’altro la vicenda sembra costruita per scontentare tutti, e si comprende il risentimento da parte della comunità gay nonchè della critica in generale verso questo film. Friedkin non si tira indietro a rappressentare la violenza degli agenti nei confronti degli omosessuali: già la prima molestia è intollerabile ma è straziante la brutalità e l’efferatezza dell’interrogatorio dove il sospettato è costretto a masturbarsi davanti agli agenti di polizia. In parallelo la “discesa agli inferi” del protagonista lascia senz’altro perplessi nella rappresentazione (ovviamente parziale) di un mondo omosessuale che sembra conoscere solo i codici del sesso estremo e della depravazione (veniamo eruditi circa l’utilizzo di appositi foulard in base alle pratiche sessuali che uno vuole perseguire), le figure più “normali” sono tutte mosse da una forte gelosia verso il partner, ma difficilmente troviamo empatia verso dei personaggi (a parte forse il ragazzo umiliato dai poliziotti). Tuttavia il protagonista sembra sempre subirne sempre più il fascino. Il rapporto con la fidanzata di Steve, Nancy, sembra infatti incrinarsi: nonostante i loro sempre più rari incontri, a causa del lavoro sotto copertura di lui, si tramutino in focosi rapporti sessuali, si fa sempre più strada l’elemento o i più elementi di sospetto nei confronti di Steve, il quale sin dall’inizio dice alla fidanzata che vi sono molte cose che lei non sa di lui. È altresì curioso che quasi tutti gli incontri tra Steve e Nancy si consumino di giorno e sulle note della meravigliosa aria di Boccherini Musica notturna per le strade di Madrid che risulta coerente e, nella sua allegria, diametralmente opposta alla cupezza ed ai suoni che caratterizzano le notti di Steve, tra i più sordidi locali e quartieri. Ancor più stupefacente l’utilizzo di quest’aria durate la sequenza conclusiva, tra un Al Pacino che si guarda con intensità allo specchio e la sua ragazza vestita con gli abiti del killer, quasi un’ennesima metamorfosi del male. Tuttavia il film, sebbene supportato da delle trovate registiche e l’interpretazione di un Al Pacino impeccabile, lascia parecchi dubbi nella seconda parte: improvvisamente la vicenda ha una svolta andando ad individuare tra i potenziali assassini uno studente, che viene riconosciuto da Steve tra i frequentatori di uno dei locali e che risulta essere tra i frequentanti di un corso universitario tenuto da un docente, annoverato tra le vittime del killer. La pista sembra proprio essere esatta: infiltratosi nell’appartamento del giovane, Steve trova delle lettere, indirizzate e non spedite al padre, in cui emerge la sua follia mentale. Facendosi quindi “rimorchiare”, Steve finge di voler consumare un rapporto sessuale in un angolo appartato del parco, al che lo studente tenta di accoltellarlo, venendo però ferito a sua volta da Steve che poi lo arresta. Questa parte sembra appunto palesemente affrettata e con più di una incoerenza (almeno per me): Steve comincia a seguire le mosse del ragazzo, e anzi sembra volersi far vedere per avere un approccio diretto con lui. Si infiltra nel suo appartamento e, lasciando il tutto in disordine, permette al ragazzo di capire di essere sospettato/seguito e anzi si fa vedere da quest’ultimo sorridente mentre guarda nella sua finestra. Mi chiedo quindi: 1) il ragazzo non sospetta che questi possa essere un poliziotto visto che si è intrufolato in casa sua ed ha rovistato in documenti così compromettenti? 2) perchè non fa sparire almeno le lettere che lo incriminerebbero? 3) possibile che immediatamente dopo tenti un approccio sessuale nel parco, con l’intento di ucciderlo? Non si è accorto che è la stessa persona che è entrata in casa sua? 5) non capisco perché con il precedente sospettato si era mossa un’intera squadra di polizia, al fine di supportare lìagente in caso di pericolo, mentre stavolta Steve si muove completamente da solo, va bene che l’epilogo finale presuppone sempre lo scontro tra protagonista ed antagonista ma qui sembra abbastanza forzato. Anche molteplici visioni del film non hanno risposto a questi miei dubbi che mi lasciano abbastanza perplesso sulla parte conclusiva della vicenda. Assolutamente disarmante invece l’ultimo “colpo di scena” che vede la morte del vicino di casa gay di Steve, che dopo aver ripreso la relazione con il suo compagno viene trovato massacrato, e lascia quindi un sostanziale sospetto (insieme all’ultima inquadratura allo specchio) circa la sua uccisione, probabilmente eseguita dallo stesso Steve, ormai invaghito di lui. Sicuramente così come ne Il braccio violento della legge qui viene ancor più esasperato il la linea tra bene e male rappresentata dalla legge (così come avverà poi con Vivere e morire a Los Angeles) e in modo altrettanto efficace Friedkin sembra fare una riflessione sulla contaminazione del male, che si manifesta (così come faceva il demone de L’esorcista) sotto varie forme e “personificazioni” tanto più che l’assassino rimane sostanzialmente senza volto o più di uno ed il protagonista ne sembra una nuova incarnazione.
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