Regia di William Friedkin vedi scheda film
Steve Burns è un agente di polizia di New York, che per le sue caratteristiche fisiche (moro, riccio con gli occhi scuri), viene incaricato dal suo superiore di infiltrarsi negli ambienti sado masochisti omosessuali, per indagare su un serial killer che da qualche tempo uccide i gay dopo averli legati e sodomizzati. Steve cambia nome, in Joe e, tenendo all’oscuro del suo incarico anche la fidanzata Nancy, inizia a prendere confidenza con i luoghi e i locali notturni che ospitano una vera e propria comunità omossessuale incline alle perversioni e abitudini più estreme, per finire al rimorchio sessuale nel parco dove solitamente avvengono gli omicidi del serial Killer. Nonostante Steve cerchi in tutti i modi ad avere notizie utili, senza doversi esporre troppo, non riesce a concludere le sue ricerche in modo soddisfacente, fino a quando non viene in contatto con uno studente che ha tutte le caratteristiche del profilo dell’assassino.
Dopo l’innovativo poliziesco “Il Braccio violento della legge” del 1971 che gli valse il premio Oscar come miglior regista e “L’esorcista” del 1973 che è diventato un film mitico per il genere horror, William Friedkin (senza dimenticare “Il salario della paura del 1977, uno dei miei film preferiti) si affaccia al nuovo decennio degli anni ‘80 con questo “Cruising”, titolo rimasto originale anche nella versione italiana per fortuna. Infatti il titolo mostra già nel suo duplice significato, la confusione emozionale e forse anche morale che il film vuole raccontare. Cruising indica sia la ronda della pattuglia della polizia, sia il rimorchio per l’incontro sessuale…è un termine utilizzato al fine della ricerca, una ricerca che può anche non portare a nessun risultato. Steve si trova catapultato in un mondo lontanissimo dal suo, e dopo un iniziale turbamento e disagio, ne rimane tuttavia affascinato ed in qualche modo attratto. Quando le incertezze sul suo orientamento sessuale si fanno troppo calzanti, Steve si rifugia tra le braccia della sua fidanzata, cercando in lei quelle rassicurazioni che però dopo un po’ non arrivano più. Iniziano i dubbi del protagonista e contemporaneamente anche nello spettatore. Finale fantastico, da non far trapelare in nessun modo.
Le indagini non portano alla scoperta dell’assassino, ma di un mondo notturno che appare sempre di più un girone dantesco. Steve impara ad aggirarsi con disinvoltura, a rimorchiare e a farsi rimorchiare, impara un gergo che appartiene solo a quel mondo, indossa vestiti che appaiono sempre di più dei costumi o delle divise. Tra i volti della notte si riconoscono anche quelli che durante il giorno hanno una vita rispettabile: professionisti se non addirittura poliziotti stessi, che nella notte vanno alla ricerca di avventure proibite, abbandonandosi alle loro perversioni con sconosciuti.
Friedkin ci mostra un mondo sommerso senza fare sconti, la crudezza delle immagini e delle scene fanno effetto anche a distanza di molti anni e non certo per una questione “scandalistica” o moralistica, ma proprio per la loro sincerità (mi si passi questo termine). E’ questo l’aspetto che ho più apprezzato del film: mostrare senza filtri l’ambiente crudo della vita notturna newyorkese di quegli anni ha reso il film unico e ancora attuale. Vedere Cruisin equivale ad essere catapultati in una macchina del tempo che ci riporta indietro a quaranta, cinquant’anni fa, quando ancora il virus dell’HIV non era conosciuto ma era in incubazione proprio in certi ambienti. Col senno del poi, Cruising sembra essere un film profetico in cui il serial Killer che uccide è proprio il terribile virus che per i prossimi decenni avrebbe tenuto in scacco un’intera comunità di persone, facendole sentire ghettizzate e punite per le loro abitudini sessuali. Tutto questo, il regista statunitense ancora non lo sapeva (ovviamente), ma la sua onestà nel raccontare e mostrare certi ambienti e le sue atmosfere così liberamente, senza i filtri morali, ha reso il film inquietante e sincero.
Il film si ispira all’omonimo libro del giornalista Gerald Walker, e fa riferimento a fatti di cronaca realmente accaduti a metà degli anni ‘70 e mai risolti. Friedkin scrive e dirige un film, che vuole essere un thriller e non un poliziesco ma che appare, a distanza di più di quarant’anni quasi un documentario storico su una realtà sommersa di quel tempo. Al Pacino per il suo personaggio pare ispirarsi al cantante Lou Reed, che all’epoca era sicuramente un testimonial d’eccezione di certi ambienti ambigui che lui riusciva a raccontare con le sue canzoni.
Mentre vedevo il film mi veniva naturale paragonarlo a Taxi Driver di Martin Scorsese: lo stesso disagio individuale del protagonista, il degrado urbano e l’incapacità delle istituzioni di trovare soluzioni adeguate, la ghettizzazione di certi ambienti che diventano dei mondi notturni paralleli sono ciò che accomuna i 2 bei film. In tutto questo l’occhio lucido e capace del Friedkin riesce a dire la sua, marcando certe scene con un linguaggio personalissimo di contrasti tra i colori del giorno e le luci irreali degli ambienti notturni (il parco è quasi una visione da incubo, in cui le ombre dei “dannati” in cerca di piacere si percepiscono tra i contrasti violenti dei colori artificiali).
Al Pacino e tutto il cast (un bravissimo Paul Sorvino nei panni dell’ispettore di polizia va sicuramente menzionato e ricordato) sono all’altezza del film, ma personalmente voglio spendere 2 parole per l’attore Joe Spinell che è uno dei caratteristi miei preferiti, volto particolarissimo, utilizzato dai grandi registi dell’epoca per piccole parti ma sempre di spicco, che ha inetrpretato e firmato il soggetto e la sceneggiatura di un film diventato cult del genere horror: “Maniac” del 1980, regia di William Lusting, in Cruising interpreta un poliziotto corrotto.
Note personali:
Non avevo mai visto questo film, fino all’altra sera in programmazione su Rai Movie in seconda serata…lo consiglio vivamente, magari sacrificando qualche serie che si trova su illustri piattaforme. Quando penso di aver visto ormai la gran parte dei titoli più importanti dei registi che a me piacciono di più, ecco che scopro questi “tesoro nascosto”, grazie anche ai cari vecchi canali televisivi che si prendono la briga di trasmetterli ancora, a scapito di ascolti eccezionali (forse).
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