Regia di João César Monteiro vedi scheda film
Fra La commedia di Dio (1995), che lo rivelò alla platea mondiale, e Lo sposalizio di Dio (1999), Joao Cesar Monteiro interruppe momentaneamente la trilogia di Joao De Deus (cominciata con Ricordi della casa gialla, 1989) per girare questo Le bassin de J. W., vale a dire 'Il bacino di John Wayne'. Siamo sulla falsariga delle coeve pellicole del cineasta portoghese: due ore e un quarto di durata, dialoghi non troppo presenti e battute laconiche a non finire, recitazione altrettanto smorta e argomenti che possono variare dall'escatologico allo scatologico; anche formalmente il film appartiene in maniera fin troppo evidente alla fase finale della produzione di Monteiro: lunghi pianosequenza a camera fissa (che comunque testimoniano la buonissima preparazione degli interpreti), quadri ampi, una certa ricerca di geometrie sugli sfondi, azione dispensata con il contagocce. Al pari di Godard, che è sempre stato un suo punto di riferimento, Monteiro 'prende a prestito' l'idea-film per teorizzare, discutere, proporre, esporre, esporsi; c'è però, nel regista portoghese, molta meno sperimentazione visuale e un approccio ben più diretto e chiaro alla materia narrativa, per quanto di diretto e chiaro anche in Le bassin de J. W. ci sia sostanzialmente poco. Tutto ciò che rimane allo spettatore è insomma una valanga di suggestioni, qui più verbali che visive, e la sensazione di avere assistito a qualcosa di geniale, ma espresso in un modo eccessivamente ostico, repellente alla comprensione. E questo può bene o male dirsi di larga parte del cinema di Monteiro. Nel cast: Pierre Clementi, Hugues Quester, Joana Azavedo, Jean Watan e lo stesso regista, cui viene accreditata anche la sceneggiatura, dichiaratamente ispirata a testi di Strindberg (per forza di cose), Pasolini, De Pascoaes, Breton e "Anonimo Esquimò"; l'idea di sognare John Wayne che scuote il bacino al Polo Nord proviene invece da una frase del critico cinematografico Serge Daney. Coproduzione franco-portoghese. 5,5/10.
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