Regia di Gianluca Maria Tavarelli vedi scheda film
Un uomo inoffensivo e pio viene freddato, una donna sparisce, così Salvo avvia un'odissea investigativa nel movente, ora concreto ora impalpabile come malvagità venata di follia. Episodio lento, faticoso e lugubre come il passo del personaggio del titolo, appesantito ulteriormente da pretestuose complicazioni della storia con Livia. Voto 5.
Due casi nerissimi e mestissimi rendono assai grave e cupo il tono generale del racconto; per alleggerirlo si punta, senza grande successo, sulla coloritura, anche comica, dei personaggi. Il Salvo di Riondino appare in questa serie ben più, e forse troppo, nervoso e brusco, anche con chi non se lo merita; amoreggia e temporeggia con la dolcissima Livia di Sarah Felberbaum, la quale vede il suo bluff matrimoniale e rilancia, ma l'insistita love story annoia un bel po' lo spettatore. Vassallo rende il vicecommissario nonchè fimminaro capo di Vigata Mimì Augello una macchietta che cita i grotteschi "eroi" delle commedie anni 70 con Lando Buzzanca; in questo episodio risulta piuttosto divertente, ma il rischio di banalizzare il personaggio è reale. Il Catarella di Pizzuto va in tilt di fronte alle gambe dell'amante di un sospettato, col sottofondo sognante della canzone "Reality" tratta dalla colonna sonora de "Il tempo delle mele"; anche questa è una gag divertente, ma sballata : siamo in "Montalbano", non ne "I delitti del Bar Lume", e simili scenette brillanti mal si conciliano con impressionanti ritrovamenti di cadaveri, incontri nei bar della mala con pericolosi sicari, crimini perpetrati in maniera abietta e agghiacciante. Fazio senior fa una visita al commissario e lo lascia con una frase "storica", a ben vedere però piuttosto carente di senso logico... Insomma, a parte i due interessanti, anche se troppo dilatati, racconti di Camilleri alla base della sceneggiatura, con una preziosa citazione di Sciascia che aiuta a interpretare in modo diverso un misterioso attentato, e le splendide canzoni di Olivia Sellerio, l'episodio ha poche luci e molte ombre; precede uno dei vertici della serie, il ben più valido "La stanza numero due".
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