Regia di Gianluca Maria Tavarelli vedi scheda film
Anche la seconda serie del Giovane Montalbano segue le impronte della prima, prodotta con garbo ed eleganza per una visione estesa all’intera famiglia, due ore confezionate con qualità professionale e rispetto per l’utenza, una produzione RAI che rammenta l’epoca d’oro degli anni 70 in cui gli sceneggiati RAI costituivano la BBC dell’eccellenza.
In ogni episodio, pur seguendo alcuni processi investigativi inevitabili nella dinamica del genere: una pista principale ed altre parallele con qualche interferenza e buco nell’acqua e/o depistaggio, e qualche contenuto di alleggerimento da telenovelas sulla vita privata dei protagonisti, commissario in primis, quello che conta veramente è il modo accurato in cui si descrive l’ambiente siciliano, le case spaziose e più che decorose, alcune sembrano regge, dove vive anche la gente comune e non solo i benestanti, la popolazione che, esclusi i mafiosi di professione ed i loro accoliti, risulta socievole, calorosa, disponibile, ospitale, ed il buon cibo che pare imperversi ovunque, in qualsiasi bettola, stamberga e locanda, pure a buon prezzo. Parrebbe uno spot pubblicitario per promuovere il turismo se non fosse tutto vero, almeno a quanto mi hanno confermato tutti gli amici che hanno trascorso lunghe vacanze in Sicilia. La Rai torna a riproporre i suoi cavalli di battaglia, seppur attualizzati, che grazie allo stile di Camilleri, consente di far apprezzare una regione sulla quale pesano tutt’ora molti pregiudizi, visionandola comodamente seduti nel salotto di casa. La trama non dico sia un pretesto, perché spesso è più che accettabile e verosimilmente realizzata e connessa, ma funge quasi da sfondo alla panoramica sociale che emerge in ogni episodio, con particolari ogni volta inediti e rinnovati che rivelano usi e costumi dei siciliani e rivela i loro pregi ed i pochi difetti. E questo singolo episodio rende queste mie forse discutibili valutazioni di merito più che mai pertinenti, confermandole in pieno, in quanto alla fine il giovane Montalbano scopre che l’uomo che seguiva sempre i funerali, svolgendo quasi una funzione sociale catartica e di sollievo dai sensi di colpa, destando forti emozioni ed empatia in tutta la comunità, è stato ucciso per futili motivi psicologici, quasi inverosimili, confermando al protagonista il suggerimento fornitogli dal padre dell’ispettore Fazio, poliziotto in pensione di grande esperienza: prima individuare il probabile colpevole e poi ricercare il movente, e non viceversa, perché altrimenti il colpevole in molti casi non lo si troverebbe.
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