Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Che Wenders abbia un'innata capacità suggestiva, ovverosia di incantare e stimolare lo spettatore, è un dato di fatto. Che i suoi film non siano mai banali, pur parlando di massimi sistemi o tematiche già ipersfruttate (pure qui: il ruolo dell'immagine nella nostra società, il futuro cui andiamo incontro, la vita come inganno dei sensi, etc.), è altrettanto vero, o per lo meno quasi mai. Ma oltre due ore e mezza di fuga attraverso le città del mondo già possono essere un po' pesanti (una sorta di continua rassegna di cartoline), se poi si aggiunge l'atmosfera pre-apocalittica - eppure siamo solo nel 1999, pochi anni dopo la realtà - e le gravose allegorie sulla vita e sulla morte (il viaggio inteso come movimento nello spazio terrestre oppure nel tempo; la presunzione di ricreare l'immagine, cioè la vita), non ci si può che armare di coraggio e pazienza, perchè si va a sfiorare la statura del 'mattone'. Il messaggio di fondo è fin troppo speranzoso e la morte viene raccontata come una fase della vita. A tal proposito compare due volte Days dei Kinks, che significativamente si propone come un inno ricolmo di gratitudine alla vita: "Thank you for the days, those endless days, those sacred days you gave me / I'm thinking of the days, I won't forget a single day, believe me".
Le storie di una ladruncola per caso (che si ritrova un malloppo rubato fra le mani senza volere, salvo poi perderlo) e di un uomo che registra visivamente immagini per trasmetterle alla madre, che vive in Australia, grazie ad un sofisticato marchingegno ipertecnologico, si incrociano in un frenetico viaggio attorno al mondo.
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