Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film
Jenny (Adèle Haenel), giovane donna medico, lavora in un ambulatorio, nel quale sta facendo pratica Julien (Olivier Bonnaud), ancora studente, che lei tratta con modi bruschi: una sera suona al videocitofono una ragazza nera, che appare parecchio agitata, ma, essendo passata un'ora oltre l'orario consentito per le visite, la dottoressa decide di non aprire, lasciando perplesso il ragazzo con cui collabora. Il giorno successivo arriva la Polizia, chiedendo di visionare i filmati del giorno prima, dato che è stata trovata morta una ragazza, appunto quella che aveva suonato presso di lei. Carica di rimorsi per non avere aperto, Jenny inizia per proprio conto una spasmodica indagine personale.
'La ragazza senza nome' è il decimo lungometraggio per il grande schermo dei fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, che continuano, con cadenza solitamente triennale, stavolta anticipata di un anno, con il loro rigoroso percorso all'interno di un cinema fatto di storie di carattere intimista, che per via della loro portata di carattere morale, assurgono ad una dimensione universale, narrate senza concedere alcuna spettacolarizzazione visiva - la ragazza del titolo si vede per pochi attimi, filtrata dalle immagini del dispositivo video, l'omicidio avviene per ellissi e il tentativo di suicidio di un personaggio legato a lei succede fuori-campo - prosciugando anche la sceneggiatura, che evita le trappole della retorica da un lato e la pedanteria espressa con dei discorsoni dall'altro, quanto la messa in scena, concentrata sul minimo indispensabile che serve loro nella composizione dell'inquadratura e delle sequenze, necessarie per narrare un'ennesima storia di soprusi nei confronti di povera gente che, per i natali degli autori, capita in Belgio, ma potrebbe essere benissimo adattabile in ogni contesto di uno qualsiasi dei paesi cosiddetti occidentali.
'La fille inconnue' (titolo originale) è un film di notevole intensità a livello emotivo, ed è sostanzialmente una ricerca ossessiva della verità da parte della protagonista, un ulteriore bel personaggio femminile, che accresce la già ricca galleria dei fratelli cineasti (si pensi a Emilie Dequenne di 'Rosetta', per me il loro capolavoro, Cecile de France ne 'Il ragazzo con la bicicletta' o Marion Cotillard in 'Due giorni, una notte'): verità che, come nei gialli che si rispettano - ma 'La ragazza senza nome' centra poco o nulla con il genere - viene a poco a poco a galla, lasciando però pesanti fardelli per le persone che sono state coinvolte e trascichi emotivi per chi, come Jenny, suo malgrado, si cimenta su terreni particolarmente accidentati e impervi, digiuna della esperienza che le serve per muoversi in un contesto così pieno di ostacoli di ogni sorta, specialmente quelli rappresentati da altri individui, che antepongono il loro interesse personale al bene della comunità, piccola o grande che sia.
La ricerca diventa conseguentemente una ricerca interiore nel proprio animo, come dimostrano le tante inquadrature che i registi riservano con eloquenti p.p. del giovane medico donna che, da sola, interroga se stessa: nel raccontare la vicenda, i Dardenne apportano stavolta delle lievi modifiche stilistiche, tenendo la cinepresa leggermente più distante dal soggetto o dai soggetti che riprendono, concedendo più 'respiro' ai loro attori in campo e montano il film con meno stacchi, costruendo un film dal ritmo meno compulsivo, mentre, come sempre, ogni commento musicale al di fuori della diegesi è assente.
Straordinaria la giovane interprete francese Adèle Haenel, non una scoperta poiché già ammirata nell'imperfetto ma interessante 'The Fighters' di Thomas Cailley di qualche stagione fa, alle prese con un medico che accuratamente non è un santino, ma una persona tenace, anche dura, a volte, con pazienti e sottoposti, ma corretta e barvi i dardenniani Jeremy Renier, al limite del riconoscibile, in un ruolo scomodo e difficile, Fabrizio Rongione e in una particina, comunque incisiva, l'attore 'amuleto' Olivier Gourmet.
'La ragazza senza nome' ha un unico neo consistente nel fatto che fatica nella primissima parte a 'carburare' e a mettere a fuoco la realtà dei fatti: presentato a Cannes '16 non ha ottenuto alcun premio, anche se, a mio modo di vedere, verte su temi alla lontana simili - povertà, menefreghismo e cattiveria diffuse in eguale misura nella società contemporanea - e soprattutto è una spanna sopra al vincitore 'Io, Daniel Blake' di Ken Loach, ma per i giurati magari la mancanza di una chiara connotazione politica ha fatto propendere le loro preferenze per il film britannico, essendo l'opera dei Dardenne più definibile a livello morale.
Poco male, resta comunque un altro tassello importante in una lista composta di pochi ma grandi film da parte del duo belga.
Voto: 7/8.
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