Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Una famiglia come tante altre viene sconvolta dalla scappatella della moglie con l’amante; quando lei ritorna per problemi di salute del suo piccolo, le cose sembrano essere ritornate alla normalità…
Prove tecniche di neorealismo. Vittorio De Sica getta le basi di un movimento che farà grande l’Italia del cinema nel mondo. Storie normali (anche se nel 1943 i temi trattati non sono esattamente all’ordine del giorno), ambientazioni popolari, sentimenti forti e sconvolgenti, rigidità mista ad impietosità dell’ambiente circostante (il personaggio di Tecla Scarano, la vicina impicciona che indaga con malignità le dinamiche della famiglia in difficoltà, ne è l’emblema).
Narrare il tutto dal punto di vista del piccolo protagonista è il colpo di genio, mutuato dal soggetto tratto dal romanzo di Cesare Giulio Viola, che sdogana il film dal mero feuilleton popolare e lo innalza a cinema affamato di realtà. Il piccolo Pricò interiorizza, fantastica, somatizza. Ed il regista ciociaro, con fantasia tecnica inedita per l’epoca, ce ne mostra la spontaneità ed al contempo la sofferenza e la sensibilità (emblematica la personalizzazione dei suoi incubi che scorrono sul finestrino del treno in corsa). “I bambini ci guardano” ha un valore storico importantissimo (in quanto precursore di capolavori come “Sciuscià”, “Umberto D.” o “Ladri di biciclette”), una dose di talento che conferma la bravura e l’originalità di De Sica dietro la macchina da presa, ma anche uno sguardo sociologico terribilmente crudo sull’universo banale e superficiale degli adulti, a confronto dei quali, i bambini paradossalmente appaiono di una tempra maggiore (indicativo in questo senso il triste finale).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta