Regia di Royston Tan vedi scheda film
Un film che è più profondo di quello che sembra. Un arcobaleno musicale e nostalgico nel quale compaiono anche i coloro sfumati del dramma.
Xia Fei Fei è un’addetta al parcheggio di trentotto anni, conosciuta nel quartiere anche come Summon auntie (in singlish, l’inglese colloquiale parlato a Singapore) o Feng Fei Fei in onore del suo idolo, la cantante Fong Fei Fei. Durante gli anni scolastici la ragazza aveva vinto numerosi concorsi presentando le canzoni di Fong Fei Fei e aveva accarezzato l’idea di diventare cantante.
Nel quartiere Xia Fei Fei è molto amata dagli automobilisti ai quali dà sempre una seconda chance quando dovrebbe multarli e per questo è detestata dai colleghi, soprattutto sulla veterana Jenny e il suo gruppo di aiutanti che spesso si trovano a tramare contro di lei.
Morta la madre, la ragazza vive con il padre ex venditore di radio, soprannominato “zio Radio” dai residenti e ormai prossimo alla demenza senile. Tra gli amici di Xia Fei Fei ci sono anche la bizzarra barista Ah-Luan che si fa chiamare Ladi Kakà (in omaggi a Lady Gaga) e sfoggia le mise più improbabili; suo figlio rapper Yoyo (interpretato dal famoso rapper asiatico Shigga Shay) e il tassista amico d’infanzia Mao Shan. Al dolore per la morte della diva Fong Fei Fei, nella vita già difficile della ragazza si aggiungono l’aggravamento di salute del padre e il licenziamento. Xia Fei Fei decide allora di partecipare a un concorso canoro di livello nazionale per cercare di procurarsi la somma necessaria per le cure del padre. Ma il giorno della finale, il padre scompare.
3688 (il titolo è il numero di partecipazione al concorso di Xia Fei Fei) è il ritorno dopo sette anni alla regia di Royston Tan che prosegue con la tradizione di affidare i titoli dei suoi film a numeri. Il film è ambientato a cavallo del 2012 quando la diva della canzone taiwanese e attrice, Fong Fei Fei (aka Feng Fei Fei) morì dopo una lunga malattia a 59 anni e dopo aver pubblicato più di 80 album. Era ricordata come "Regina dei cappelli" per la sua caratteristica di indossare cappelli di varia foggia durante le sue esibizioni ed è proprio per questo motivo che Xia Fei Fei, quando si trova sul palco per la sua esibizione, indossa uno dei cappelli che contraddistingueva la grande diva asiatica.
Royston Tan deve molto a questa ispirazione attorno alla quale gira tutto il film nel quale commedia e dramma, memoria e musica si alternano bilanciando le emozioni della storia. È un film semplice e fresco, costruito su siparietti sdrammatizzanti le note dolorose della malattia degenerativa del padre della protagonista. È un film sulla memoria, quella che “zio Radio” sta perdendo insieme alle sue amate radio, ormai superate, che non funzionano più; sulla tecnologia che rimuove l’uomo dalla propria vita; sui sentimenti semplici che vanno a diluirsi nella complessità dell’esistenza moderna e nel ricordo di una superstar che ha segnato la vita delle persone facendole sognare: il titolo cinese Xiang ru Fei Fei significa Pensando a Fei Fei proprio in omaggio alla cantante scomparsa. Il film stesso è ambientato nel quartiere residenziale di Dakota Crescent, ormai vecchio di 50 anni e destinato alla riqualificazione ma simbolo di orgoglio passato essendo stato il cuore della classe operaia. Nell’ossessione del padre di Xia Fei Fei per la riparazione della radio e nella sua progressiva discesa nell’oblio, il regista dipinge il ritratto morente dell’antico operaio diligente e appassionato fondante l’epoca di prosperità di Singapore. Il regista rievoca un’epoca nella quale Singapore ha conosciuto un senso della comunità e la gioia della condivisione collettiva dell’intrattenimento più semplice e diretto, come le canzoni popolari e i programmi radiofonici di provincia in dialetto hokkien o cantonese. Quello che a prima vista può sembrare un piccolo film di facili sentimenti, alla luce di queste considerazioni diventa una riflessione nostalgica di un tempo passato, un sogno con i colori arcobaleno illuminati dalla fotografia estatica di Daniel Low, dove ogni frammento di film ha un suo senso intimamente legato a un tempo ormai perduto ma non per questo destinato a essere dimenticato.
La musica è l’altro importante aspetto del film, un collante narrativo tra i vari personaggi e le situazioni che affrontano. Non a caso il ruolo di attrice principale è stato affidato alla cantante Joi Chua che interpreta il passato rappresentato dalle canzoni popolari cinesi di Fong Fei Fei, mentre il rapper di Singapore Shigga Shay ha il compito di traghettarne il ricordo al tempo presente. La star asiatica dell’hip hop, infatti, per la prima volta ha interpretato un rap in mandarino, contraendo la vita intera di Fong Fei Fei in un minuto di rime sincopate.
L’apparente semplicità di questo film nasconde un intento più alto, un tema più profondo delle caratterizzazioni quasi stilizzate dei personaggi e delle loro semplici interazioni. Royston Tan non ha sentito il bisogno di calcare la mano sulle sfaccettature dei protagonisti o sulla compattezza narrativa, preferendo rimanere ai limiti slabbrati di un sogno del quale tutti sembrano consapevolmente fare parte. Così tra la commedia quasi demenziale delle macchiette della strada che impastano il singlish al mandarino in uno strano slang musicale; il musical con il quale tutti più o meno entrano in assonanza e il lirismo della condizione di dolore di “zio Radio”, si è consapevoli di assistere ad un film che guarda con nostalgia ad un passato più semplice, dai sentimenti diretti e dalle facili risoluzioni, in netta contrapposizione alla realtà torbida e complessa, quasi incomprensibile, della contemporaneità.
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