Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
La condanna appartiene al periodo secondo me buio di Bellocchio, quello funestato dall'influenza dello psicoanalista Massimo Fagioli. Il film è a tesi e i personaggi, anche in tribunale, parlano e si comportano come in un trattato di psicopatologia. Giuste o sbagliate che siano, le teorie di Fagioli mi sembrano poco adatte alla trasposizione cinematografica, pena trasmettere tutta la noia di un trattatello filosofico del Marchese De Sade. Qui ovviamente i punti di riferimento sono diversi - per noi ignoranti direi Freud e Jung - ma, mentre le esperienze e le opere di questi scienziati si basavano sulla pelle e sui neuroni di persone in carne ed ossa, il film di Bellocchio puzza di caso di scuola (sebbene intenda ispirarsi alla lontana ad un fatto di cronaca), con tutte le forzature che questo comporta. Non è certo una casualità che interpreti solitamente intensi, come per esempio Vittorio Mezzogiorno, risultino qui particolarmente scialbi e inefficaci.
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