Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
C'è di che rimanere allibiti. Che il femminismo delle rivendicazioni urlate con la rabbia cieca del '68 abbia poco senso nel 1992 è un dato di fatto evidente, ma per muovere un'accusa alle idee più estremiste dell'ideologia femminista non serve certo un film del genere; o, meglio, così non si fa altro che aggiungere un tassello al mosaico della stupidità e dell'aggressività maschilista. La storia vive momenti demenziali (l'accoppiamento selvaggio) ed altri patetici (la moglie del PM che alterna ogni frase alla sua smentita: didascalismo becero delle assurde pretese femministe); viene da chiedersi cosa saltasse in mente a Bellocchio quando ha avuto il colpo di genio di mettere in scena questo lavoro tendenzioso e pressappochista. Passo falso evitabile.
Una donna rimane chiusa in un museo; incontra un uomo e gli salta addosso: è una notte di sesso selvaggio. Quando l'uomo la accompagna all'uscita, però, lei decide di denunciarlo spiegando che non aveva capito che lui lavorava lì. Il PM, plagiato da una moglie psicologicamente instabile, chiede la condanna per stupro: condanna che arriva puntualmente.
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