Regia di Paolo Poeti vedi scheda film
Un uomo torna nella città in cui studiò, tanti anni prima: Benevento. Alloggiando nel vecchio ostello dei tempi nota la mancanza di una stanza, la numero 13. Alcune leggende si sono create su quel luogo, ma soprattutto è la superstizione ad aver suggerito al padrone di passare dalla 12 alla 14.
Pare che il racconto alla base di questo lavoro, scritto da Montague R. James, sia stato rimaneggiato in maniera un po' troppo fantasiosa, poco aderente al testo originale insomma, da Emanuele Vacchetto, autore unico della sceneggiatura; le atmosfere gotiche della pagina d'origine si lasciano comunque intuire, anche se La stanza numero 13 sembra a tratti più una commedia che un dramma. Una commedia malinconica, in salsa campana, con un ottimo Tino Scotti come protagonista, qui chiamato a interpretare uno dei suoi ultimi ruoli in assoluto. Girato in bianco e nero con la fotografia di Mario Corcione, forse proprio per aumentare quel senso di mistero e di tensione che vorrebbe permeare la trama, il film non sembra sostanzialmente andare da nessuna parte e questa è la sua pecca principale; fortunatamente la durata limitata a una cinquantina di minuti lo rende una visione quantomeno inoffensiva. Nel cast compaiono anche Franco Angrisano, Carmen Scivittaro, Gino Maringola e Rodolfo Baldini; il lavoro appartiene al ciclo Il fascino dell'insolito (sottotitolo: Itinerari nella letteratura dal gotico alla fantascienza) che la Rai produsse nel 1980 per un totale di cinque episodi. L'accoglienza fu sufficientemente buona da proporre tre ulteriori episodi l'anno seguente e altri sei nel 1982. 4,5/10.
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