Regia di Robert Schwentke vedi scheda film
Aleggiano, prevedibilmente, l'aria stantia e la calma piatta proprie della puntata interlocutoria, di transizione, di preparazione alla gran "battaglia finale" che, presumibilmente, vedremo nel capitolo conclusivo, Ascendant.
Ascende all'alto dei cieli youngadultiani, invece, Allegiant; o perlomeno ci prova, insiste, s'adegua a toni e umori e luoghi (arche)tipici del (sotto)genere (che s'è fatto degenere portatore d'insania cinematografica), come già d'altronde i precedenti episodi.
Appisolata la messa in scena, pur inframmezzata da "soluzioni" visive digital-kitsch e mosce, dimenticabilissime scenette action di raccordo, a caratterizzare l'opera, oltre alle necessarie immancabili dosi spicce di avventure in salsa teen, sono la confusione, l'approssimazione narrativa.
Ammara la trama, infatti, nelle stagnanti acque d'implausibili risibili passaggi, ovviamente fondamentali per quelli successivi (non si spiega perché, ad esempio, al così tanto indomito e sospettoso Quattro debbano far conoscere le loro malefatte, i nuovi ambiguissimi "alleati"); consegnando, tra le altre cose, un cattivo di rara stupidità, interpretato dal malcapitato Jeff Daniels, megadirettore con licenza di uccidere ogni barlume d'intelligenza.
Allineati fatti e cosine e personaggi in modalità "oooh", il racconto procede di rivelazioncina in rivelazioncina, seconda la (imperante) logica del superamento dei livelli peculiare dei videogame. E così, sorpresa delle sorprese - e roba mai sentita, tipo l'anno scorso in un altro titolo assimilabile (Maze Runner - La fuga, col quale ha molti, troppi punti in comune) - s'apprende della natura di "esperimento", riguardo la città e la sua suddivisione in fazioni. Più altre amenità varie, attinte un po' qua un po' là, messe un po' così un po' cosà.
Accatastati alla rinfusa, poi, e per buttarla in caciara sci-fi/new age, dei simpatici vaneggiamenti su "sanità genetica", purezza della specie, pecore e pastori, approvvigionamento della materia prima (umana).
Ammorbanti inoltre gli stucchevoli intermezzi sospirosi (bacetti casti casti, pure con malcelato disgusto reciproco, parrebbe) tra il perennemente accigliato-serioso Theo James e Shailene Woodley; quest'ultima, sempre più improbabile eroina (e "pura", maddai) - un misto di Katniss Everdeen, MacGyver e una stolta liceale di una teen sitcom a caso - non riesce ad andare oltre la modalità-occhi sgranati (mentre a una sprecatissima Naomi Watts basta un battito di ciglia per recitare e divorarsi cotanti poppanti). Il nulla. Incomprensibile. Eppure le affidano tal ruolo; e naturalmente le moraline d'accatto (non si possono categorizzare gli essere umani e bla bla bla) nonché grido e propositi di battaglia, posti in chiusura per accrescere l'hype di quello che verrà.
Avverrà, banalmente, che è tutto già visto, come gli scenari post-apocalittici di deserti inospitali e rosse piogge acide, come i cambi di alleanza e gli imprevedibili inganni e tradimenti (ma "povero" Miles Teller, costretto alla macchietta), come il preannunciato trionfo di chi sta dalla parte giusta.
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