Regia di Paolo Genovese vedi scheda film
Un gioco stupido e allo stesso tempo determinante.
Prima ridi...poi stai teso...poi ancora ridi...colpo di scena....discorsi (quasi) filosofici...ancora tensione...altri colpi di scena...e infine........
Questo è "Perfetti Sconosciuti", del regista Paolo Genovese (il divertentissimo "Immaturi"): un susseguirsi e un alternarsi di questi elementi filmici e, dunque, non la solita commedia a sfondo sociale; la critica alla risaputa superficialità e ai vizi dell'italiano è qui condita, oltre che da un ottimo apporto di tensione, dato dall'imprevedibilità della faccenda, da una specie di autodistruzione dovuta a uno stupido gioco che strizza l'occhiolino a quello della verità: infatti qui il pretesto ha inizio da una semplice rimpatriata, con la scusa di un'eclissi di luna, di vecchi amici di scuola, accompagnati dalle proprie consorti, tranne lo "sfigato"del gruppo Beppe (Giuseppe Battiston), la cui compagna è ammalata. Prima di aver degustato gnocchi e polpettone, Eva (Kasia Smutniak), la moglie di Rocco (Marco Giallini), propone per gioco di posare tutti i telefoni sul tavolo e rendere pubblici tutti i messaggi e le chiamate. Da qui mano a mano si avvererà il "desiderio" di Lele (Valerio Mastandrea), che si augura che esca fuori qualche segreto, dato che si conoscono tutti a memoria.
Gli attori sono praticamente perfetti: ognuno riveste il proprio ruolo egregiamente e si immedesima totalmente nella parte (soprattutto Giallini e Mastandrea).
Alla sceneggiatura troviamo ben cinque nomi (oltre Genovese: Costella, Ravello, Bologna e Mammini) e bisogna ammettere che hanno scritto un copione davvero superbo nella sua "quotidianità", proprio perché, apparte l'estrema concentrazione di telef./ mess., hanno creato un contesto ben oltre il verosimile, capace quasi di spaventare, facendo notare la pericolosità del telefono per chi non la racconta giusta (come dice Carlotta (Anna Foglietta): "la scatola nera della nostra vita"; ma soprattutto abilissimo a compiere una delle capacità, secondo me, più belle (e difficili): saper intrattenere in una stanza, cosa che per molti però è un difetto.
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