Regia di Paolo Genovese vedi scheda film
Commedia italiana contemporanea: bilancio. Unità di luogo, unità di tempo, unità d’azione. Cinema del riflusso, teatro della chiacchiera, la televisione che è in noi. Metti, una sera a cena, la borghesia del cinema nazionale che accoglie tutto il bestiario privato della provincia in nome del disincanto romanocentrico: la terrazza come un palcoscenico, la luna in eclisse, la tarda primavera perenne, la fuga dall’appartamento, la claustrofobia dei clan. Il percorso di Paolo Genovese, sette film in solitaria in sei anni, è ad un punto di svolta: nel suo cinema si ragiona sulle famiglie (Tutta colpa di Freud) intese anche come aggregazioni di amici (Immaturi e pure Aldo, Giovanni e Giacomo Babbi Natale) e perfino rappresentazioni (il sottovalutato Una famiglia perfetta) o paesi (Sei mai stata sulla luna?) per dare voce alla vocazione corale delle sue storie – che infine potenzia l’individualismo e l’egocentrismo dei personaggi.
Sette personaggi, sette attori, un autore. È un cinema di facce che si ripetono per entrare in un immaginario povero di divi domestici esclusivamente cinematografici. I perfetti sconosciuti si conoscono tutti e si percepisce la confidenza se non proprio l’intimità nella loro recitazione calda e schietta. E così si crede subito all’amicizia tra Mastandrea e Battiston (Non pensarci) e Battiston e Rohrwacher (Cosa voglio di più), Rohrwacher e Mastandrea (Il comandante e la cicogna) e Mastandrea e Giallini (Buttafuori), Giallini e Foglietta (Tutta colpa di Freud) e Foglietta e Leo (Noi e la Giulia), Leo e Giallini (Loro chi?) e Genovese e i fedeli Giallini e Foglietta. E così non a caso Smutniak, accostabile solo allo sceneggiatore Ravello (Tutti contro tutti), finisce per risultare il personaggio più sfuggente rispetto agli altri, comunque depositari di segreti inconfessabili. Tutti bravi se non bravissimi ma i migliori in campo sono gli scatenati e disperati coniugi Mastandrea e Foglietta più Giallini che lavora sapientemente di sottrazione.
Come si sa, il film sta riscuotendo un ottimo riscontro da parte del pubblico, che si identifica facilmente per la banalissima motivazione che tendiamo a nascondere nel cellulare molti frammenti della nostra vita segreta (è opportuno tirare in ballo Gabo e le tre vite?). Indubbiamente, dopo anni di goffe chat o messaggini da pochade, Perfetti sconosciuti sfrutta bene l’inserimento della tecnologia all’interno di una narrazione classica in cui l’elemento tecnologico è un mero strumento per innescare il melodramma dentro la commedia. Film veramente popolare, coglie sì l’occasione per riflettere sull’ipocrisia degli affetti e sulla rappresentazione del sé presso gli altri, chiudendosi dentro casa per dire qualcosa sul mondo fuori, ma allo stesso tempo spreca in un modo imperdonabile la possibilità di gettare il cuore oltre l’ostacolo, riducendo il finale ad una celebrazione del segreto che odora di timida non-soluzione ad un’impasse narrativa.
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