Regia di Amir Naderi vedi scheda film
Parliamo di cosa è diventato il cinema di Amir Naderi.
Dramma dell'ostinazione e della tracotanza, mitologico nelle intenzioni, Monte di Amir Naderi è un esperimento di allegoria che non riesce mai a discutere tramite immagini, non riesce mai a sfruttare il mezzo filmico in modo pertinente. Attingendo a piene mani da Tarkovskij (sequenza delle candele con annessa Madonna con bambino sullo sfondo), Sokurov (la sua Vita umile, per esempio) e il Torneranno i prati di Olmi (stesso impianto visivo), Naderi cerca di astrarre il più possibile le sue situazioni dalle contingenze. La sua comunità montanara non parla dialetto ma un italiano fluentissimo (sembra che tutti si doppino parlando, come nelle fiction tv), e anche la località è assolutamente ambigua nella sua localizzazione. In questo modo il regista iraniano, che gira e viene prodotto in Italia, spera di trovare un equilibrio fra le sue pretese e le sue possibilità. Ma il problema sta alla base: superficialmente, si può dire che non c'è un guizzo visivo che sia uno, il regista insegue i suoi personaggi con pedante costanza, portando le scene a un viraggio talmente estremo da affondare a piene mani nel patinato. Le sue carrellate cercano la suggestione plasmando sempre la stessa materia, con sguardo minimalista disinteressato al loop, ma all'esplosione del significato. Ogni sguardo è così pregno di emozioni da essere lezioso, come nei famosi silenzi enfatici di matrice televisiva.
Il film si prestava alla delicate ibridazioni del cinema con la pittura, alle soavi movenze della mitologia del quotidiano, alla magnificenza della magia del semplice. Ma rimane avvinghiato a uno schematismo formale pesante come una corazza: il colore va perdendosi, e si sgrana non appena i due padre e figlio tentano di buttare giù la montagna, con le loro ridondanti martellate. Nel frattempo la madre diventa uno zombi, le si oscurano gli occhi, ed è costretta a sangue freddo a cacciare, per lasciare che gli uomini intentino la loro lotta contro l'impervia natura. Finché Naderi, dopo un intermezzo che ha un occhio alle atmosfere di Benvenuti, non rifà praticamente il finale di Sean Penn in 11 Settembre 2001, e pasticcia una sequenza decisamente telefonata che tenta di emulare, ma fa solo rimpiangere, i brividi concessi dal finale di Acqua, vento, sabbia.
Un Naderi poverissimo.
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