Regia di David Mamet vedi scheda film
David Mamet è (stato) uno dei migliori sceneggiatori del cinema americano degli ultimi trent’anni. In questi ultimi anni si è dedicato solo alla regia, ritagliandosi uno spazio come autore di nicchia. L’esordio dietro la macchina da presa risale al 1987 con LA CASA DEI GIOCHI, LE COSE CAMBIANO nel 1988 e nel ’91 HOMICIDE. Bob Gold è un detective ebreo incaricato di scovare un nero che ha ucciso due agenti di polizia. E’ un esperto in negoziazioni e quella sarà la strada che percorrerà per la cattura del ricercato. Casualmente si imbatte nell’omicidio di un’anziana tabaccaia ebrea con un passato da trafficante di armi durante l’indipendenza di Israele negli anni quaranta. Dapprima è riluttante nell’occuparsi del caso perché intenzionato a chiudere in fretta l’altra pratica. Piano piano però si appassiona alla vicenda della donna uccisa, frequenta la casa dei parenti della vittima, poi trova una pista in una misteriosa parola arcaica “Grosfaz”, si reca in una biblioteca ebraica e infine scopre una lotta intestina tra gruppi sionisti e neonazisti. Gold nel corso delle indagini ha una crisi di coscienza sul suo essere ebreo, partecipa pure ad un attentato antinazista ma non piega del tutto la sua integrità di tutore dell’ordine alle richieste del gruppo pagandone le conseguenze più avanti. Intanto il suo negoziato per catturare vivo senza spargimenti di sangue il nero Randolph fallisce e per Bob la conclusione non sarà positiva. Mamet sviluppa un poliziesco/giallo psicologico, amaro, fascinoso e lontano dagli stereotipi del genere. Il protagonista è un uomo solitario, riflessivo, leale, disorientato e alla fine sconfitto. Attraverso i tratti caratteristici vediamo specchiata la solidità letteraria dei copioni del regista, la cura e lo scrupolo con cui affronta tematiche delicate come l’antisemitismo e i fanatismi vari. Valori come l’onestà (Gold non cede alle pretese della setta ebraica), l’amicizia (per il collega Sullivan) contrapposte alle ingiustizie della vita, della professione e del mondo (come sussurra Gold a Randolph nello “scontro” finale). Immensa l’interpretazione di Joe Mantegna perché in linea con i toni eleganti, sottilmente ironici (qui nella prima parte) determinati e mai banali del cinema di Mamet.
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