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C'est l'amour

Regia di Paul Vecchiali vedi scheda film

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La recensione su C'est l'amour

di alan smithee
8 stelle

Due coppie molto eterogenee si "scoppiano" quando, per pura ripicca, due dei loro membri si incontrano e decidono di frequentarsi, scoprendo un attaccamento e affinità all'apparenza inconcepibili. Lasciando il vuoto dietro le loro precedenti tracce di vita. Grande stile di regia, ironia e acume per un accattivante e sadico gioco di società.

A poco tempo di distanza da Nuits blanches sur la jetée, presentato in Concorso a Locarno 2014,  torna il celebre anziano regista corso Paul Vecchiali con una sorta di film “gemello” al suo predecessore: pur non essendo quest’ultimo, a differenza del precedente di cui sopra, un libero adattamento da un’opera famosa (era infatti un adattamento da Le notti bianche di Dostoevskij, con ambientazione marinara-portuale in Costa Azzurra ai giorni nostri).

Forte dei medesimi due convincenti attori protagonisti di Nuits blanches, ovvero Pascal Cervo e Astrid Adverbe, l’anziano cineasta ci racconta, sempre ambientato nel sud della Francia ove pure egli vive e soggiorna spesso, un’altra concitata ricorsa all’amore, che accoppia, “scoppia”, unisce e divide coppie apparentemente irreprensibili e consolidate, quando il sospetto e la mancanza di fiducia vengono meno e scatta la scintilla della vendetta e della reazione, scatenando tutta una manovra a catena che sconvolge equilibri apparentemente indissolubili e collaudati.

Quando Odile inizia a sospettare che l’avvenente marito la tradisca, la donna, per nulla convinta delle concitate e articolate spiegazioni del consorte, decide di vendicarsi e, conosciuto un ragazzo di nome Daniel, prima casualmente attraverso un’intervista televisiva in un canale privato, e poi di persona, decide di vendicarsi e di sedurlo, diventandone amante.

Il particolare più eclatante è che il ragazzo non è single, ma divide casa e vita con un uomo, il barbuto e possente Albert, gelosissimo del suo ragazzo.

L’episodio sconvolge non poco gli equilibri un tempo saldi di entrambe le coppie, e coinvolge i due protagonisti in una passione incontrollata che avrà conseguenze drammatiche e a dir poco impensabili.

Ciò che conta, soprattutto il Vecchiali, non è cosa viene raccontato, ma lo stile e la padronanza in cui tutto ciò viene rappresentato.

E la messa in scena semplice, lineare, rohmeriana si potrebbe azzardare, certo a bassissimo costo, si fa notare per scelte stilistiche ben precise, come la predilezione per i campi lunghi e per le soggettive tutte mirate su uno dei due antagonisti, alternate solo dopo decine di minuti all’altra parte del contendere.

Gli scherzi degli amori sottovalutati e nati per gioco si fanno sentire e diventano una miccia pericolosa in grado di far esplodere prima il fuoco di una passione che appariva a prima vista improbabile, per eterogeneità dei personaggi e la apparentemente scarsa affinità sessuale.

Incurante di apparire eccessivo nella costruzione dei sui personaggi, timidi all’inizio, poi sempre più disinibiti e infuocati, estroversi ed esibizionisti man mano che il sentimento che li guida prende definizione, Vecchiali ci esibisce due personalità dai comportamenti estrosi a partire dal modo di vestire: il vestito rosso fuoco di Odile e la giacchetta variopinta e smanicata “alla Querelle” di Daniel fanno parte di un’eccentricità calcolata e necessaria a rendere palpabile la necessità di manifestare tutta la carica (ormonale e mentale) che li muove e li motiva.

Vecchiali, quasi 86enne ed in gran forma, scrive, dirige, si riserva un piccolo personaggio da interpretare (è il genero di Odile) e si occupa pure delle musiche, avendo scritto i testi (italiani) delle canzoni della festa all’aperto, in occasione della quale Odile si scatena in una danza senza freni né inibizioni.

 

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