Regia di Georg W. Pabst vedi scheda film
Film memorabile del cinema muto e punto più alto della carriera del discontinuo Pabst, Lulù- Il vaso di pandora trovò in Louise Brooks un'interprete mitica in grado di segnare un'epoca con la sua sola presenza, un pò come avvenne con la Marlene Dietrich dell'Angelo azzurro. Il film è un melodramma torbido ed esasperato, con una carica sessuale fin troppo esplicita per l'epoca in cui fu girato. Oltre a diventare un simbolo dell'erotismo cinematografico, Lulù divenne una sorta di eroina anarchica e un'affascinante rappresentazione della forza dell'istinto e delle pulsioni più segrete e inconsce. Oltre all'audacia nel demolire i valori borghesi segnati dall'ipocrisia, il film è sorprendente nell'espressione di una totale libertà sessuale che arriva a dare il giusto spazio anche a desideri "proibiti" come quelli della contessa lesbica interpretata da Alice Roberts, dimostrando in questo di essere molto in anticipo sui tempi. Lo stile del regista, inoltre, gioca in maniera ammirevole con una contaminazione fra moduli realisti e influenze espressioniste, che divengono sempre più preponderanti mentre ci si avvicina al finale tragico con la morte di Lulù per mano di Jack lo Squartatore. Il film è stato ammirato da intere generazioni di cinefili, ha avuto diversi remake e omaggi (fra cui il personaggio dei fumetti Valentina di Guido Crepax) e sarebbe sicuramente piaciuto a Luis Bunuel. La Brooks sarà ancora indimenticabile in un altro film di Pabst, Diario di una donna perduta, e poi sparirà dalle scene nel giro di pochi anni. Questo film resta una pietra miliare, indimenticabile nonostante una trama che, in altre mani, sarebbe risultata forzata e improbabile (qui invece, la sua struttura da romanzo d'appendice è perfettamente adeguata alle intenzioni del regista).
Voto 9/10
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