Regia di Giovanni Virgilio vedi scheda film
«Se non sai mentire, non sai amare» intona Erica Mou nel brano che dal film prende il titolo e che suggella l’esordio nel lungo di Giovanni Virgilio. Il paradosso gorgheggiato sintetizza quello delle protagoniste del film, ambientato nella Serbia di oggi, dove un ingranaggio emotivo inceppato dalle note di un violoncello innesca un effetto domino: le bugie (bianche, appunto, perché a fin di bene) di una manciata di donne crollano come un castello di carte, lasciando scoperta, aperta come una ferita, una verità concepita nella violenza e nell’odio. Catanese, formazione da attore, classe 1983, Virgilio sceglie per la sua opera prima un tema troppo più grosso di lui: quello degli stupri etnici subiti dalle donne bosniache durante il conflitto che ha lacerato permanentemente il tessuto sociopolitico della ex Jugoslavia. Due generazioni si guardano negli occhi, quella delle madri (biologiche e spezzate, adottive e agguerrite) decise a non tramandare il dolore e quella delle figlie incapaci di comprendere sia l’orrore del passato sia la volontà di tacerlo. Interpretato, con effetto involontariamente straniante, da un cast italiano purtroppo non all’altezza dell’intensità dei sentimenti chiamati in causa, il film soffre di un completo scollamento dal mondo che desidera raccontare: ingessato e astratto, sideralmente lontano dalla contemporaneità, pare un teatrino appoggiato malamente, anche incoscientemente, su una realtà che non sfiora neanche con un dito.
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