Regia di Paul Verhoeven vedi scheda film
Un detective (Douglas) dal passato poco edificante indaga sull'omicidio di un cantante rock, assassinato con un punteruolo da ghiaccio durante un amplesso. Gli indizi sembrano convergere su una giovane scrittrice di storie macabre laureata in psicologia (Sharon Stone), ma la faccenda è assai più complessa e coinvolge anche la moglie del detective e l'amante lesbica della scrittrice. Quando i nodi sembrano venire al pettine, lo spettatore rimane col dubbio: chi sarà la vera assassina?
L'oriundo olandese Verhoeven mette in scena la sintesi di eros e thanatos: Douglas vorrebbe incarnare sobrietà e ragione ma non ci riesce; la Stone, bisessuale praticante di un erotismo spinto ai limiti dell'istintività, si rivela una mente lucida e fredda. I due sono lo specchio di una mascolinità ingenua e di una femminilità perfida ed accattivante, secondo una prospettiva misogina condita di psicanalisi. Se il film sa essere convincente per l'atmosfera d'attesa che riesce a creare, manca completamente il bersaglio nelle sue pretese intellettualistiche, facendo leva su troppi luoghi comuni (il detective vizioso, l'amico buono che muore, la moglie frigida). La Stone, brava e tracotante, col suo aspetto da transessuale fa rimpiangere la Grace Kelly vista con Hitchcock. Douglas si candida per la terza volta (dopo Attrazione fatale e La guerra dei Roses) al ruolo di vittima di bionde diaboliche. Ma il nudo dei due protagonisti si può anche perdere...
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