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Le cose che verranno

Regia di Mia Hansen-Løve vedi scheda film

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La recensione su Le cose che verranno

di Furetto60
7 stelle

Hansen-Love giovanissima regista ha vinto con questo film l'orso D'argento. Storia semplice, ma non banale, raccontata con stile sobrio ed essenziale. Isabelle Huppert, straordinaria come sempre

Le cose che verranno” ha nell’incipit due persone che accompagnano i figli a visitare la tomba del poeta Chateaubriand, alla sommità di una scogliera a Saint-Malo in Bretagna: un panorama mozzafiato che sembra indicare un’aspirazione alla libertà. Dopo uno stacco di pochi anni troviamo la protagonista Nathalie, la immensa e superlativa Isabelle Huppert, sessantenne insegnante di filosofia, in un liceo di Parigi. Ex sessantottina, ex comunista ex rivoluzionaria, ex idealista. Tipo energico e volitivo, svolge il suo lavoro con dedizione, le piace insegnare esortando i suoi studenti ad acquisire autonomia di giudizio e non esita a proporre ai suoi studenti testi filosofici che stimolino il confronto e la discussione. Alle prese con i consueti problemi e frenesie domestiche, lei asseconda le paturnie della madre depressa, sposata con due figli, si prende cura della sua famiglia. La sua esistenza sembra scorrere tranquilla, Tuttavia, nel giro di poco tempo, una serie di eventi inaspettati, le stravolge completamente la vita. Il marito la lascia per un’altra donna “Pensavo che mi avresti amato per sempre, che cogliona» è la sua sola reazione, la madre dopo un doloroso ma inevitabile, ricovero in una casa di riposo, muore, la piccola casa editrice con cui pubblica, non le rinnova il contratto, il suo vecchio studente e pupillo Fabien, dottorando in filosofia, ha interrotto gli studi, i figli ormai vivono per conto proprio. Tutto il mondo sembra crollarle addosso, Nathalie si ritrova veramente sola e senza riferimenti, in compagnia della sola “Pandora” la gatta appartenuta alla mamma ”obesa e anziana” a cui è allergica, a fare i conti della propria esistenza e a fronteggiare il vuoto che le si prospetta. Smette d’improvviso di essere moglie, di essere madre, ma anche figlia. Nathalie è pragmatica, non dispera «ho la fortuna», dice «di avere una vita intellettuale molto piena. Mi basta per essere felice “, respinge un corteggiatore troppo audace, congedandolo con un “Ma mi ha guardato?  non è proprio il caso”. Cerca di sfruttare questa possibilità che la vita sembra imporle, leggendo nei nuovi avvenimenti, una vivificante prospettiva di libertà, che la spinge a ricontattare Fabien, accetta la sua ospitalità nell’isolata casa di campagna, dove l’ex studente anarcoide, che “marca alternativo” si è rifugiato, insieme con la sua compagna e altri amici, sfaccendati, in una sorta di vetero-comune bucolica. Gli anni però sono passati e Nathalie si sente estranea a quell’ambiente, cosi finisce con l’accettare, tra una citazione dell’amato Rousseau e la lettura di un pensiero di Pascal, la sua nuova condizione di single, come testimonia l’ultima sequenza del film in cui la professoressa di filosofia, diventata nonna, coccola il nipotino, cantandogli una melodiosa ninna nanna .Trentasei anni appena e la regista e sceneggiatrice francese Hansen-Love, si è aggiudicata l’Orso d’argento per la migliore regia con questo lavoro. dopo aver già diretto sei film. Gira con semplicità e uno stile minimalista e asciutto, in sintonia con il suo percorso da “neo nouvelle vague” tampina Nathalie con la macchina da presa, capitalizzando al meglio, la consueta versatilità di Isabelle Huppert, che riesce ad arricchire il personaggio, caratterizzandolo con tante e svariate espressioni. Propone diversi temi: la coerenza, la scelta, l’impegno, la solitudine, il gap generazionale, l’amore che non si può mai dare per scontato. Si diverte a  lanciare strali contro l’intellighenzia parigina dei radical-chic, con gli scaffali pieni di libri, i portafogli pieni di soldi, che bacchettano tanto, ma restano nei salotti, senza sporcarsi le mani. La regista lascia che la storia proceda spontaneamente, senza forzature, senza particolari guizzi, senza che conflitti e  drammi deflagrino. Restano trattenuti tra le pieghe delle cose, si intravedono nelle corse inquiete di Isabelle Huppert, che si carica il  film sulle spalle, in modo straordinario, come al solito

 

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