Regia di Mia Hansen-Løve vedi scheda film
Con delicatezza e maturità introspettiva, evitando ogni esasperazione drammatica a favore di un tono leggero e pacato, Mia Hansen-Løve ed Isabelle Huppert dipingono il toccante, ed alla fine dei conti ottimista, ritratto di una 50enne professoressa di filosofia che sa dare una risposta stimolante alla crisi che mette sottosopra la sua vita.
Presentato in anteprima romana alla presenza della regista Mia Hansen-Løve allla VII edizione del Festival del Nuovo Cinema Francese “Rendez-Vous”, L'Avenir ci porta all'interno della crisi personale di una intellettuale parigina, Nathalie, cinquantenne professoressa di filosofia in un prestigioso liceo: il marito la lascia per un'altra donna dopo 25 anni di matrimonio, i figli si allontanano da lei, la madre sprofonda nella demenza e poi passa a miglior vita e gli editori cassano la sua collana di testi scolastici ritenuti troppo austeri e quindi poco “vendibili”.
Nathalie è molto brava a sviscerare i pensieri di Hannah Arendt, Blaise Pascal o dei pensatori della Scuola di Francoforte, ma nessun testo di filosofia ti può preparare alla confusione dello sfaldarsi della tua esistenza come l'avevi finora concepita. Nathalie si trova costretta a ricominciare da capo, in un'età in cui , per una donna, trovare un nuovo partner è impresa ardua (quando il suo ex studente insiste che c'è speranza nel fatto che le donne mature spesso lasciano i mariti per gli uomini più giovani, la risposta di Nathalie è, giustamente, “solo nei film.”).
Ma una filosofa mantiene (quasi) sempre classe ed autocontrollo e, seppur soffrendo, non si abbandona al piagnisteo. Trova anzi nella sua nuova situazione un'occasione di libertà mai provata prima (“ho trovato la mia libertà, una libertà totale, è straordinario”) e nel rapporto con l'attraente ex allievo che abbandona il dottorato per scrivere e far formaggi in una fattoria-comune anarchica cerca una speranza di rinnovamento, anche se la possibilità di una relazione sentimentale tra i due, sempre suggerita, non è destinata a realizzarsi.
La gatta grassa Pandora, lasciata in eredità dalla madre, diventa una sorta di metafora per il suo nuovo status di single, come un animale-spirito (anche nella sua altra pellicola dell'anno, Elle, Huppert è affiancata da un micio). La gatta anche la protagonista di alcuni dei momenti divertenti del film, che non cede mai alla cupezza, ma ci fa sorridere delle difficoltà della professoressa.
Con delicatezza e maturità introspettiva, evitando ogni esasperazione drammatica a favore di un tono leggero e pacato, Mia Hansen-Løve ed Isabelle Huppert dipingono il toccante, ed alla fine dei conti ottimista, ritratto di una donna che sa dare una risposta stimolante a ciò che molti considererebbero come una serie di colpi devastanti.
L'Avenir è un “film d'attrice”, trascinato da una Isabelle Huppert, sempre più iperattiva ed in stato di grazie man mano che l'età avanza, che offre un'altra superba prova di recitazione, esprimendo negli occhi e nel corpo l'intero viaggio interiore di Nathalie, in una performance disarmante che non indulge mai nel sentimentalismo seppur trasmettendo emozioni forti. La sua Nathalie, completamente diversa dalla “dura” Michèle di Elle di Verhoven, tuttavia anche in questo film è una donna che deve reagire ad un evento traumatico e lo fa in una maniera inaspettata, che è sempre comunque l'opposto dell'autocommiserazione.
Come già nel precedente Eden, Hansen-Løve sa coniugare cinema e musica in maniera eccellente: le scene più potenti di L'Avenir sono quelle in cui i dialoghi tacciono e l'emozione associata all'immagine viene esplicitata dalla musica, come quella del padre del folk americano Woody Guthrie che accompagna la dichiarazione di libertà di Nathalie, Schubert mentre lascia l'amata casa delle vacanze familiari in Bretagna, Deep Peace di Donovan nella scena in cui il pianto diventa riso sull'autobus o Unchained Melody dei The Fleetwoods nella bellissima inquadratura finale.
La regista, presente in sala, al termine della proiezione spiega come la sceneggiatura, scritta durante la realizzazione di Eden, si sia sviluppata poco a poco a partire da una storia più “limitata” a cui mano a mano aggiungeva particolari. Dichiara (a ragione) di aver realizzato infine un film molto più “luminoso” di quanto si attendesse. Rivela che il film contiene elementi autobiografici in quanto sua madre è una professoressa di filosofia ed ha persino una gatta a cui è ispirata Pandora. Anche la onnipresenza dei libri nasce dal fatto che Hansen-Løve è cresciuta in una casa piena di libri ed in questo film ritrae il milieu dell’intellettualità borghese parigina di sinistra in cui è cresciuta.
Mia Hansen-Løve (seconda da sinistra) presenta il suo film al Cinema Fiamma di Roma
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