Regia di Roxanne Benjamin, David Bruckner, Patrick Horvath, Radio Silence vedi scheda film
Ritorna il cinema horror americano a episodi, tipico prodotto anni ottanta, che sta avendo un piccola rinascita ultimamente. In questo caso, sono coinvolti quattro registi specializzati nel genere, giovani e senza pedigree particolare: due di loro hanno partecipato a un altro horror a episodi di un certo successo, ovvero la serie di "VHS". Il punto di forza di "Southbound" è, paradossalmente, la sua fluidità, il suo apparire come un'unica storia, senza sperimentalismi strani, che avrebbero rimarcato troppo le differenze stilistiche. Il tema è vincente, ovvero gli spazi aperti del sud degli Stati Uniti, spesso e volentieri protagonisti di ottimi film horror, a cominciare da uno dei capisaldi del genere, "Non Aprite Quella Porta", 1974, per arrivare ai giorni nostri con il capolavoro di Rob Zombie, "La Casa Del Diavolo", definitivo canto nero di quelle strade, di quelle zone. Su questi lunghi nastri d'asfalto s'incrociano i destini di varie persone, perseguitati dal peccato e dal delitto, fra roadhouses, honky tonks, demoni e fondamentalisti religiosi. Nulla che non si sia già visto, ma ci credono tutti, dal primo all'ultimo, e il risultato è più che dignitoso. Anche gli attori, generalmente tipica carne da macello, sono onesti e credibili, e la pellicola gronda la giusta quantità di sangue, senza esagerare mai. "Southbound" è, quindi, una bella sorpresa, un horror solido, per un genere che non conosce mai crisi, ma che conosce anche tanta, troppa, spazzatura. I'm southbound, Lord, i'm comin' home to you!
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