Regia di João César Monteiro vedi scheda film
Secondo lungometraggio, a distanza di ben cinque anni dal primo (Fragmentos de um filme-Esmola: A sagrada familia, del 1972), per Joao Cesar Monteiro. Raffinato cineasta controcorrente, il Nostro proveniva dalla critica e da una potente infatuazione per la vena godardiana della Nouvelle vague, ben visibile nei suoi primi lavori; qui confeziona una pellicola più compiuta e lineare dal punto di vista narrativo e della messa in scena, sebbene compiutezza e linearità non abbondino. Due ore di fiabe medievali, si potrebbe dire: due ore di racconti tradizionali, leggende, filastrocche antiche che si intrecciano, con l'unico filo conduttore rappresentato dalla storia di un giovane e una giovane, innamorati e in fuga dal violento padre di lei. Monteiro figura anche come sceneggiatore, partendo da testi di Mario Velho Da Costa, Josè Gomes Ferreira e Carlos D'Oliveira; il suo gusto per l'illustrazione, per la scena-quadro già affiora prepotente e anche le scelte di montaggio - discutibili quanto si vuole, ma personali - lo rappresentano appieno: sequenze in apparenza infinite si accavallano, dando il senso del non-trascorrere del tempo nelle piccole comunità dell'arcaico entroterra portoghese. Da notare inoltre gli accostamenti temporali scioccanti, con scene ambientate nel 1977 che seguono altre evidentemente ispirate alla civiltà di parecchi secoli prima; un altro modo per descrivere ironicamente, lapidariamente l'anacronismo in cui ristagna il Paese. Francisco Domingues, Margarida Gil, Carmen Duarte, Luis De Sousa Costa, Manuela De Freitas sono fra gli interpreti principali; il regista si riserva la parte del narratore esterno, peraltro non molto presente. Lavorazione estenuante e infinita: nei titoli di coda - senza musica alcuna - Monteiro ci informa che gli sono occorsi oltre due anni per portare a termine Veredas - tradotto in italiano, letteralmente: Sentieri. 4,5/10.
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