Regia di Marcin Wrona vedi scheda film
Demon è un horror davvero inquietante e dannato.
Demon ha l'aspetto di una maledizione. Di un esorcismo incompleto, non andato a buon fine. Ecco, in un certo senso, Demon ha la stessa (in)consistenza del Male: evanescente e sottocutaneo; inafferrabile ed eterno. Quel Male inossidabile che nessun'apocalisse potrà debellare; nessun Melancholia potrà mai cancellare.
Un film dannatamente inespresso, inconcluso, pericoloso. Un lungometraggio che rende il Male come oggetto filmico estremamente subliminale. Come scheggia impazzita che cerca un corpo/occhio nel quale impigliarsi, insinuarsi. Un riparo nel quale albergare e crescere, per poi reiterarsi.
Demon si svolge quasi interamente durante una festa matrimoniale, con tanto di balli e canti euforici, anche se in realtà dimostra di essere piuttosto una veglia funebre allo sposo (e, di riflesso, alla sposa) di amici e parenti che marciano in maniera schizofrenica e spasmodica fino ad un'alba crepuscolare - interessante come la figura del matrimonio si incrocia con quella del funerale - in cui avverrà silenziosamente e metaforicamente un ultimo saluto anderssoniano [Songs from the Second Floor] e felliniano [8½] al protagonista, al quale non rimane altro che l'oblio. Perché, sì, forse è meglio dimenticare. Perché forse nulla è mai esistito. Perché forse è tutto un sogno. È tutto registrato. // È tutto un nastro. // È solo un'illusione. Rimane solo una fotografia-Shining di un matrimonio fuori dal tempo. Indecifrabile. In-esistito.
E, forse, tutto questo aspetto sospeso, inespresso e inconcluso di Demon, trova la sua maledetta risposta nel suicidio del regista avvenuto in Polonia durante il festival del Cinema di Gdynia, in cui veniva presentato il suo Demon. Questo episodio, facendo un attimino volate la fantasia, pare essere l'atto conclusivo di un preciso rituale demoniaco.
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