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Demon

Regia di Marcin Wrona vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Demon

di undying
10 stelle

Sorprendente opera d'addio, messa in atto da un regista polacco romantico e sensibilissimo a temi, per quanto individualmente fondamentali, sfuggenti e melodrammatici. Un viaggio senza ritorno, nella mente tormentata di un genio.

 

Itay Tiran

Demon (2015): Itay Tiran

 

L'inglese Pyotr (Itay Tiran) si trasferisce in Polonia dopo aver stabilito la data di nozze con la fidanzata Zaneta (Agnieszka Zulewska). Pyotr lavora in una cava, proprio per conto del -prossimo- suocero (Andrzej Grabowski) il quale ha messo a disposizione degli sposi un'ampia tenuta -da restaurare- in una zona rurale. È proprio qui che la coppia celebra le nozze, in grande stile e tra fiumi di alcol. Durante la cerimonia, però, forse suggestionato dai resti di un corpo umano rinvenuti in una buca e sotto effetto delle molte bevante alcoliche ingerite, Pyotr inizia ad avere mancamenti e crisi epilettiche. Alternando ai malesseri dialoghi in Yiddish, un circoscritto dialetto ebraico, dimostra di conoscere risvolti e dettagli di Hana, una giovane ragazza misteriosamente scomparsa molti anni prima.

 

Itay Tiran

Demon (2015): Itay Tiran

 

"Forse è un bene che stia piovendo, perché ci ricorda le lacrime di disperazione, che sono molte di più delle lacrime di gioia. Come disse Aristotele: chi non partecipa alla società o è un Dio o un animale. Non c'è uomo senza società, e non c'è società senza memoria." (Discorso che anticipa l'inizio della festa -tenuto mentre si scatena un temporale- dall'anziano professore, prontamente interrotto dal padre della sposa).

 

"Nella tradizione ebraica, l'anima di un morto può impossessarsi di un vivo per portare a termine ciò che la morte ha interrotto. È un dybbuk: l'appiccicoso. È la sua occasione per purificarsi, ma anche per purificare l'anima del posseduto. Per redimere il suo tormento. L'unico modo per rompere questo legame è un esorcismo." (Il professore, Wlodzimierz  Press, in merito allo stato dissociato di Pyotr)

 

Itay Tiran

Demon (2015): Itay Tiran

 

Dramma dai profondi risvolti religiosi, etici e morali, diretto con rara profondità di analisi e scritto con una sensibilità ed un approfondimento psicologico raramente destinato ad un'opera cinematografica. Qui, in considerazione anche della scelta (il suicidio) intrapresa dal geniale regista polacco Marcin Wrona, ancora più inquietante e più significativi appaiono i testi e -più in generale- il costante e opprimente senso di angoscia, malinconia e romanticismo che pervade ogni minuto di Demon, film (sublime) testamento di un'anima sensibile, e inadatta a proseguire il suo cammino su questa "valle di lacrime" che chiamiamo Terra. 

Demon è un dramma che si sviluppa sostanzialmente solo su un piano emotivo, che punta a stimolare la fantasia (e il pensiero) dello spettatore, qui posto di fronte ad una lucida e pessimista analisi su temi centrali dell'esistenza umana: l'eterno dilemma su chi siamo e dove andiamo -ovviamente presente- cede però il posto a più intense riflessioni sui ricordi, sulla fuggevolezza della memoria e sul potere annichilente del tempo inarrestabile che con il suo "scorrere a senso unico" devasta oggetti e cose, prima ancora che persone (esemplare il destino della Sinagoga trasformata in macelleria, o quello finale, con imponenti escavatori all'opera sul fabbricato in via di demolizione). Ecco motivata la scelta intelligente, e più che appropriata, per un tipo di fotografia volutamente slavata, talvolta elaborata con tonalità seppia, colore che rimanda inevitabilmente la nostra mente alle fotografie cartacee e ingiallite -appunto- dal trascorrere degli anni. Il passare  del tempo è -di fatto- il vero tema portante e fulcro dell'intera narrazione. Narrazione messa in atto con simbolici indizi, che danno appunto sintomo della "precarietà" che stiamo vivendo in questo stesso "momento" (nessuno di noi escluso). Tenteremo, a seguire, di dare conto di questa (personale) lettura.

Primo indizio: i partecipanti abbandonando il matrimonio per recarsi alla cena, incrociano un funerale in atto (lo stesso che si ripete, simbolicamente, in chiusa). Sequenza ossimorica, che ben rende l'idea dell'effetto ciclico che sta alla base dell'esistenza.

Secondo indizio: una nebbia insinuante pervade l'ambiente, anticipando un imminente temporale destinato a convertire il clima, di gioiosa partecipazione, in decadente premonizione.

Terzo indizio: il professore, con le sue parole realistiche (pertanto poco apprezzate dagli astanti), viene allontanato in fretta dal padre dello sposo. Perché mai parlare di lacrime di disperazione, in questo lieto contesto?

Quarto indizio: il musicista (che si dichiara astemio ma poi sarà sempre ubriaco) si esibisce suonando una melodia più da marcia funebre che da matrimonio, a dispetto del pubblico che subitamente esclama: "Suona qualcosa di polacco, di divertente."

E potremmo andare avanti ancora a lungo per poi arrivare alle riflessioni (memorabili), enunciate agli ospiti dopo una notte delirante, dall'ispirato Andrzej Grabowski (quelle sulla realtà assimilabile al sogno, riportate in coda alla recensione).

Il sensibile Marcin Wrona, prendendoci delicatamente per mano, ci guida in questo doloroso viaggio, tra luci e ombre, tra realtà che -forse- sono frutto di sogni destinati, inevitabilmente, a svanire con le prime luci dell'alba. Quelle narrate in Demon sono le paure, le fobie, i malesseri -i demoni veri dunque- che devono essere prolificate intimamente, dopo lungo tempo di gestazione, rendendo l'animo sempre più irrequieto all'infelice regista. Regista che, supportato da eccellenti collaboratori, ha saputo gridare, rispettosamente e silenziosamente, tutta la sua pena. Pena resa tangibile grazie anche all'indispensabile apporto del bravissimo (davvero da Oscar) attore iraniano Itay Tiran, nel ruolo del tormentato e irrequieto protagonista.

 

scena

Demon (2015): scena

 

L'ironia sfumata

La velata e modica dose di ironia, rappresentata dal musicista ubriacone o dai maldestri tentativi dei parenti della sposa a sottovalutare (quando non celare) lo stato di Pyotr, contribuisce -in uno strano effetto d'amplificazione- a rendere più nera e drammatica la sorte dello sposo.

 

Il male di vivere: il demone più spaventoso 

Nel settembre del 2015, mentre si trova a Gdynia (Polonia) come ospite ad Festival cinematografico locale, Wrona -a soli 42 anni d'età- decide di togliersi la vita. Viene ritrovato impiccato, nel bagno dell'hotel che lo accoglie. La ricostruzione delle forze dell'ordine è sconsolante: pare che a muovere il regista in questa definitiva scelta sia stato il risultato del Festival. Demon, infatti, era stato acclamato al Toronto Film Festival. L'uso di alcol, associato ad uno stato depressivo, in aggiunta al tradimento delle attese messe in atto da una giuria miope, ha fatto intravedere, purtroppo, al sensibile autore una sola via di fuga. Via di fuga -con il senno di poi- che sembra essere annunciata nel sorprendente monologo conclusivo, messo in bocca al padre della sposa, quando questi è sotto effetto dei potenti alcolici, ingeriti senza sosta:

"Miei cari ospiti, tornate a casa e dormite bene. Ci sveglieremo domattina e quando apriremo gli occhi tutto ci risulterà più chiaro. Dobbiamo solo dormirci sopra. Dobbiamo dimenticare ciò che non abbiamo visto qui. Perché... perché quello che abbiamo visto, era solo l'effetto di una allucinazione collettiva. Noi crediamo di averne preso parte, ma è solo nella nostra testa. Io sto immaginando voi. E voi state immaginando me. È solo un semplice sogno collettivo. Un sogno dentro un sogno. In realtà, non c'è stato nessun matrimonio. Voi non siete qui. Io non sono qui. E non c'è nemmeno uno sposo. Non c'è mai stato..."

 

Itay Tiran

Demon (2015): Itay Tiran

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