Regia di Martin Zandvliet vedi scheda film
Non amo i film sulle guerre mondiali e, nonostante la vasta produzione, credo di averne visti solo tre o quattro finora. Questa volta mi sono lasciata tentare, incuriosita da una parte della storia che non conoscevo e dal fatto che per una volta viene presentato un punto di vista diverso.
Si tratta di un film estremamente duro, che rappresenta bene la follia distruttiva della Seconda guerra mondiale da entrambe le parti, qui incarnata dagli ufficiali danesi, i cui odio e cattiveria sembrano prevalere sulla ragione, accecando la mente, a tal punto che umiliare e far soffrire i prigionieri diventa prioritario rispetto a quello che dovrebbe essere l'interesse di tenerli in vita e in salute il più a lungo possibile, affinché possano portare a termine il lavoro di sminamento.
Nonostante questo, resta un film equilibrato, che riesce a mantenere un certo distacco e a non cedere mai al patetismo, con il sergente che appare umanamente credibile nella sua alternanza di odio ed empatia verso i suoi sottoposti. E per fortuna non eccede in scene raccapriccianti, ce n'è una sola, le altre restano fuori campo; intanto non sono necessarie, poiché il dramma dei quattordici protagonisti, che si sviluppa tra la fame, le umiliazioni e la costante tensione della quotidiana roulette russa che sono costretti a vivere, senza sapere chi sarà il prossimo a saltare in aria e quando, è comunque perfettamente comprensibile e la visione dei corpi dilaniati o carbonizzati di chi muore sul colpo non avrebbe aggiunto niente alla narrazione; mentre ai ragazzi nonostante tutto, non resta altro che aggrapparsi alla speranza del futuro.
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